Anticipato dal bel videoclip di 'Non è per sempre', la terza fatica degli Afterhours uscì il 31 maggio '99 e venne salutato come nuova perla discografica, sia per la scena Rock nostrana che per la carriera della band milanese.

Due anni prima, si era già raggiunto l'apice artistico con 'Hai Paura Del Buio?', ma il disco in questione ha il merito di non presentarsi come copia sbiadita e inopportuna del predecessore, bensì come differente capitolo di intuizioni stilistiche, che mantiene il medesimo approccio compositivo del gruppo. Le parole di Manuel Agnelli, trasmettono sempre un'inquieta ironia grazie al consueto utilizzo del cut-up narrativo, le musiche virano verso un Pop curato e mai banale, che favorisce eleganti arrangiamenti d'archi e anticipazioni del loro futuro stile d'autore. Qualcuno penserà che gli Afterhours si siano ammorbiditi a partire da questo disco, ma non è mai stato così per loro, non si sono mai messi in testa d'inseguire il motivetto da classifica o aspirare alla commercialità, semplicemente perchè hanno arte da vendere assieme a gruppi del calibro di Marlene Kuntz e Verdena, che costituiscono la triade del Rock tricolore contemporaneo.

Soprattutto in "Non è per sempre" la vena aggressiva degli Afterhours rimane inalterata, come ben dimostrano brani dall'impatto infuocato quali Le verità che ricordavo, Non si esce vivi dagli anni '80 (che denuncia il pericolo di un ritorno all'era della superficialità collettiva) e L'estate, schizoide e sensuale. La voglia sperimentale del gruppo affiora in Milano circonvallazione esterna, brano pseudoelettronico condotto dall'interpretazione allarmante di Manuel Agnelli, per poi farsi cullare con la serenata dolceamara della title-track, riflessione sull'età che non lascia niente per eterno e sul desiderio di riscatto a cominciare da un innocuo "diploma in fallimento".

Nel disco si alternano composizioni affascinanti, come il climax apocalittico di Oppio, l'illusione senza peccato di Tutto fa un pò male, la sardonica Superenalotto, dove le chitarre di Agnelli e Xabier Iriondo si intrecciano con ubriacante crescendo, L'inutilità della puntualità che ricorda il Battisti più stralunato e la malinconica Oceano di gomma, chiaro segnale della maturità raggiunta dal gruppo, una ballata dalle tinte scure dove si possono collocare in mirabile sintesi vecchi e nuovi Afterhours. E per finire Cose semplici e banali, avvincente brano di Rock genuino, dotato della sorprendente autocritica che il testo mette in risalto:

"E se fossimo noi ad essere sbagliati, e se fossimo noi pazzi e malati (...) Grazie a tutti per davvero, siamo alla fine e ho perso l'inizio, ma ho un senso in più".

Grazie a te Manuel, per le emozioni che ci regali ad ogni disco.

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