Formatisi nel 2004 come risposta agli Arcturus, Winds ed ai vari gruppi appartenenti a quel movimento nato in Norvegia e rispondente al nome di Avangarde, gli Age Of Silence non sono altro che l'ennesimo progetto al quale hanno preso parte alcuni dei musicisti più in vista della scena estrema norvegese, vedendo tra le proprie fila:
Lars Eric Si - Basso (già in forza con gli Winds)
Lars Nedland - Voce (Borknagar, Solefald, Carpathian Forest)
Extant - Chitarre
Kobbergaard - Chitarre
Hellhammer - Batteria (Dimmu Borgir, Winds, Arcturus, The Kovenant)
Andy Winter - Piano (Winds, Subterranean Masquerade)
Uscito nel 2004, "Accelleration" rappresenta il primo e finora unico album, escludendo l'ep del 2005, composto dal sestetto norvegese: il prodotto si muove su linee in bilico tra progressive metal e musica classica, creando un "pastiche" musicale che, pur non risultando particolarmente originale, si lascia ascoltare: strutturalmente l'album, pur mostrando una certa staticità a livello compositivo, riesce a regalare numerose finezze a livello strumentale, pur senza perdersi mai in inutili divagazioni e non tradendo dunque le radici black dei musicisti che hanno preso parte a questo progetto.
Riffs piuttosto potenti e parti ritmiche serrate che lasciano poco spazio ad aperture ariose si susseguono continuamente sostenendo gli intrecci di piano di Mr. Winter, intento a creare orpelli musicali di pregevole fattura che sostengono splendidamente la potente e profonda voce di Nedland, vero valore aggiunto del disco.
Partendo dall'apertura, affidata ad "Auditorium Of Modern Movements", passando per episodi "The Concept Of Haste" o ancora per la mini-suite (appena 7 minuti) "90 Degrees Angles", i nostri si dimostrano in possesso di ottime doti tecniche e di una sufficiente capacità in fase di songwriting, pur mostrando spesso il fianco per quanto riguarda la varietà delle canzoni, che rischiano alla lunga di annoiare a causa della loro omogeneità, qualora non intervenga il buon Andy a risollevare un po' la situazione generale.
Se da una parte dunque questo disco si lascia lodare (aspetti tecnici quali registrazione e mixaggio sono ottimi, così come la tecnica, mai troppo ostentata), dall'altra, quella più strettamente connessa alla musica, si dimostra, se non debole, comunque non del tutto convincente poiché, anche laddove si intravede un lampo di genio, tutto il lavoro viene poi vanificato da uno sviluppo delle idee stesse non del tutto adeguato.
Il risultato finale resta, alla fine dei conti, comunque sufficiente, sebbene il disco non sia un capolavoro. Per ora promossi con qualche riserva e, soprattutto, con la speranza che riescano a fare di meglio nel futuro.
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