La prolifica era musicale post sessantottina non sarebbe stata la stessa senza l'altrettanto prolifica schiera di A&R, Promoters e Talent Scouts sguinzagliati praticamente in qualsiasi evento pop da discografici e managers, in una grande corsa nel tentativo di accaparrarsi quella band o quel songwriter col classico metodo del passaparola o grazie a qualche gancio nascosto, con sfoggio di abili mosse nel giocare un brutto tiro all'agguerrita concorrenza. In particolare l'Inghilterra si mostro' estremamente interessata al verbo Progressivo, ma anche l'Hard Rock e il Folk "rivisitato" erano bocconcini prelibati da non lasciarsi sfuggire, quindi la faccenda si espanse presto nel resto d'Albione, un territorio dalle infinite trasferte per i "segugi", incessanti fiutatori di giovanissimi artisti impossibilitati a esibirsi a Londra per chiari motivi economici.
Nel 1970 sembrava si fossero accasati praticamente tutti: le Majors, forti di Sub-Labels specializzate, avevano creato un mondo a parte lasciandosi il Beat alle spalle trasformandolo in BubbleGumPop nei prodotti spaccaclassifica a 45 Giri, e concentrandosi quasi esclusivamente nel realizzare interi album per esaltare quei nuovi suoni, di matrice colta o selvaggia poco importava, l'obiettivo era soltanto quello di scuotere le nuove generazioni di acquirenti di dischi con prodotti che suonassero assolutamente nuovi.
Le Indie Labels erano ancora un'utopia, i piccoli marchi si appoggiavano a grossi distributori per non finire in bancarotta dopo un paio di pubblicazioni, l'artigianato discografico corrispondeva, come mai prima, a un sicuro suicidio commerciale. Ci vollero 20 anni abbondanti per far riemergere dal nulla poche ma autentiche perle sotterrate in fretta e che pochissimi avevano avuto modo di vedere...e di ascoltare.
Sicuramente nessuno di quei diavoli tentatori si era spinto fino al piccolo villaggio di Ditching, nel Sussex, dove una coppia di ragazzi, Peter Howell e John Ferdinando, ormai da tempo si divertiva ad abbozzare composizioni utilizzando un registratore Philips. In un posto cosi' piccolo tutti conoscevano la loro passione, e l'occasione di musicare Alice Through The Looking Glass di Carrolliana memoria per una piece nel teatro locale li mette nella condizione di stampare privatamente l'opera: i due vanno a Londra, con pochi soldi ricorrono a una pressing plant usata esclusivamente per registrazioni religiose, infine, completo di copertina fatta in casa, il prodotto finito, in numero tranquillamente trasportabile da un paio di braccia, era pronto per il godimento dell'intero villaggio.
I due simpatici personaggi, presa consapevolezza delle loro capacita' anche organizzative, non lasciano la bella esperienza come un episodio isolato, ma al contrario si lanciano in una produzione libera e costante fino al 1973 incidendo un totale di cinque album utilizzando cinque denominazioni diverse, ricorrendo fin dal terzo passo a nome Agincourt, a musicisti esterni per creare un vero e proprio ensemble pop. L'asso nella manica e' l'aggiunta della voce femminile di Lee Menelaus: il suo timbro sognante e ipnotico abbraccia spesso la pulizia vocale di John Ferdinando in un viaggio all'unisono di rara lucentezza, l'opener When I Awoke rimane impressa al primo ascolto, immaginate i Comus in terapia intensiva a base di Lexotan o la Incredible String Band senza piu' trip che si getta a capofitto in una piscina ricolma di mousse al cioccolato bianco o infine i primissimi Renaissance reduci dal furto di tutte la partiture classiche e avrete l'idea.
Questo e' Dream Pop primordiale, registrato alla meglio ma dal fruscio oggi cosi' trendy in tante nuove proposte, e spesso cosi' udibilmente falso. I tredici brani fluttuano tra morbida psichedelia e pastellate folk-pop, con testi ispirati dalla serenita' dei loro paesaggi di campagna, il passato remoto in Kind Sir e il conturbante presente di Mirabella illuminano lo stesso sentiero impervio ma sicuro, Though I May Be Dreaming e' l'ultimo vivido sogno di una Summer of Love pronta ad esaurirsi tra soffici melodie e flauti vellutati, la chitarra elettrica fa capolino tra mille invenzioni acustiche, in Get Together l'insegnamento dei primissimi Soft Machine sboccia in un DadaFolkPsych ironico e sfizioso. Lo scorrere delle tracce e' scrosciante e gentilmente gradevole, non privo di un sottile acido retrogusto, fino a gettarsi definitivamente nella mini-suite Through The Eyes Of A Lifetime, primitivo assaggio degli umori progressivi preponderanti in un successivo capitolo, l'indispensabile A Game For All Who Know a nome Ithaca, gia' trattato con oculatezza nel Deb.
Per anni la mia prima stampa in CD su Background (Siano benedetti quei rigattieri che dissotterrarono le perle!) insieme a quella degli Ithaca hanno avuto una tale eco da essere ristampate piu' e piu' volte, oggi Fly Away e' disponibile finalmente anche in vinile numerato per la gioia di pochi fortunati appassionati. Chi volesse scaricarlo lieto sia, del vinil non v'e' certezza.
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