Spesso si suol dire, a riguardo di questo o quel personaggio o di questo o quell' artista, che non ci sono vie di mezzo, o lo si ama o lo si odia. Potrebbe ben essere il caso degli Agnostic Front.

Però io li ho sempre amati e odiati allo stesso tempo, seguiti e snobbati, ascoltati e ripudiati. La loro intrinseca tamarraggine mi ripugna e mi attira a un tempo, Vinnie Stigma e Roger Miret, ormai obsoleti ultracinquantenni panzoni pieni di retorica da suburba newyorkese sfornano album di tanto in tanto del loro consueto hardcore roccioso e anthemico e vedono di farsi fare qualche tatuaggio dove quel poco di pelle libera glielo consente, conciandosi come i contadini italiani degli anni '50.

Per venire a questo "Liberty & justice for...", credo si tratti di un album parecchio sfortunato, che all'epoca (1987) non godette affatto di un buon successo fra i fans del gruppo e forse anche il gruppo stesso era un po' in ribasso a causa dell'esplosione del fenomeno NYHC che saturò la scena con miriadi di bands più o meno valide, quella stessa scena che gli stessi Agnostic contribuirono a creare pochi anni prima.

Fattostà che questo album è un gran cazzotto nei denti, un cazzotto ben calibrato, di quelli che ti spaccano anche le labbra oltre agli incisivi superiori. Le direttive sono quelle di "Cause for alarm", quindi una mescola di hardcore punk e thrash metal, ma qui, rispetto a quel disco, tutto è più frenetico, più compresso e spigoloso.

I ritmi sono seratissimi, le chitarre di Stigma e Steve Martin si inseguono convulse come da tradizione thrash e la voce di Roger Miret è meno monocore che sul disco precedente anche se continua a perseguire lo stile fatto di singulti e singhiozzi che poi lo contraddistinguerà nel tempo. Sui testi delle canzoni non mi soffermo poichè mi pare che siano un po' il punto debole dei nostri e non tanto per le menate che siano di destra eccetera eccetera, quanto perchè sono un po' scontati.

Comunque, detto questo, trovo "Liberty & justice for..." uno straordinario disco di NYHC, straripante furia da ogni nota e che nonostante la preponderante matrice thrash non perde una briciola del proprio impatto hardcore. E poi la penultima traccia ("Crucified") è la cover dei Washingtoniani Iron Cross.

Un disco che assolutamente merita di essere rivalutato.

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