Non è certamente il periodo più adatto per il "nautik funeral doom" dei teutonici Ahab: è un genere più adatto all'inverno, al freddo. Quel "nautik" che richiama il mare è anch'esso fuori luogo, soprattutto nell'ultima fatica degli Ahab. Infatti l'ultimo lavoro in studio del gruppo tedesco, risulta molto più "invernale" dei suoi due predecessori, senza per questo abbandonare il tema degli abissi tanto caro alla band bavarese. Dopo Herman Melville e Owen Chase, gli Ahab prendono spunto dall'Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe: un'altra storia di mare, sangue e paure, in pieno stile Ahab.
"The giant", terzo studio album è stato pubblicato per opera della Napalm Records lo scorso 25 maggio: un cd che segue due lavori interessanti e ottimamente suonati come "The call of the wretched sea" (2006) e "The divinity of oceans" (2009). Entrambi dischi di funeral doom dai tratti atipici, in cui la claustrofobia del genere veniva squarciata da soluzioni atmosferiche e rallentamenti simil progressive, tali da rendere la proposta del combo sicuramente meritevole di attenzione. "The giant" si distacca sia dal doom nerissimo del primo lavoro, sia da quello più gothic e drammatico del secondo, per cercare nuovo spazio in un doom metal che strizza l'occhio alla psichedelia acida dei seventies, senza disdegnare le mazzate funeral ben interpretate dal singer Daniel Droste, capace di alternare clean, scream e grunt. Un album per certi aspetti diverso dai due precedenti: motivo che ha generato qualche mal di pancia, qualche giudizio non troppo positivo.
Questo full lenght deve essere inquadrato nel percorso artistico degli Ahab: fondamentale per comprendere i loro dischi e le loro evoluzioni è non scindere mai la musica con i temi e gli scrittori che essi decidono di affrontare in un determinato cd. Forse sta proprio in questo dualismo musica/letteratura, che la band tedesca trae spunto per il cambiamento più o meno radicale della sua proposta: in questo caso siamo di fronte ad un lavoro che seppur legato a quello che è stato fatto in passato, cerca di tracciare una linea nuova nella "traversata" degli Ahab. La scrittura tagliente e "acida" di Poe, si trasforma nel mondo degli Ahab in digressioni malinconiche e funeree di vaga ispirazione psych, come è percepibile nella splendida song d'apertura "Further south", manifesto del nuovo percordo intrapreso dal quartetto.
Un approccio più soft, più sognante: un modo di fare che in pochi si aspettavano e che si rende chiaro anche nei pezzi più diretti, come per "Deliverance", in cui viene fuori la vena melodica del gruppo. E' bene però sottolineare come "The giant" non sia un lavoro del tutto "nuovo": se infatti emerge chiaramente l'anima più psichedelica dei nostri, questi non dimenticano di aver composto anche funeral doom decisamente più pressante. Questi due volti si alternano allora nelle composizioni più lunghe, come in "Antarctica the Polymorphess" e nella titletrack: due esempi magistrali del doom epico e "abissale" degli Ahab. Se proprio si deve trovare un pelo nell'uovo si può rimarcare qualche passaggio tirato un po' troppo per le lunghe, oppure si può storcere il naso ascoltando "Fathoms deep below", la meno riuscita del lotto.
E' estate e la proposta degli Ahab non si sposa benissimo con questo periodo: ma loro sono legati al mare e hanno anche deciso di far uscire un cd di questo tipo proprio nei mesi più caldi dell'anno. Forse perchè il loro "The giant" è meno oppressivo di quanto fatto in passato. Al di là di inutili considerazioni sul rapporto tra un genere musicale e il suo "completamento" climatico, vale la pena procurarsi l'ultima fatica del capitano della Pequod.
Un lavoro riuscito e interessante, a partire dell'artwork.
1. "Further South" (8:55)
2. "Aeons Elapse" (12:44)
3. "Deliverance (Shouting At The Dead)" (7:53)
4. "Antarctica The Polymorphess" (11:45)
5. "Fathoms Deep Below" (9:08)
6. "The Giant" (10:36)
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