Avete mai avuto la sensazione di esservi persi nello spazio? Bene, è questo lo stato d’ animo che ha fatto nascere il quarto disco di Aimee Mann, cantautrice americana, già leader dei ‘Til Tuesday, che ha ottenuto una certa notorietà internazionale qualche anno fa grazie alla (bellissima) colonna sonora di Magnolia. Solitudine, sfiducia nel mondo e nelle relazioni interpersonali (nonché nelle case discografiche, con cui in passato la nostra ha avuto non pochi problemi), aridità sentimentale, problemi legati alla tossicodipendenza: questi i temi principali del suddetto piccolo gioiello.
Le melodie pulitissime, vagamente beatlesiane, sono supportate da arrangiamenti solidi ma tutto sommato spartani, come nel più delicato pop d’autore, e accompagnate da testi dolenti ma comunque illuminati da un’ inestinguibile speranza. “Humpty Dumpty” , cadenzata da un pianoforte, non lascia dubbi sulla presa di posizione dell’autrice (“I’ m not the girl you once put your faith in, just someone who looks like me” ). Ma se il passato è inesorabilmente “passato” , la reazione più opportuna è guardare avanti (“ So better take your keys and drive forever” ). Il valzer in sordina di “High On Sunday 52” si libra in un radioso ritornello country, ma finisce troppo presto. Coeso quasi come fosse un concept, Lost In Space ha in “Pavlov’ s Bell” l’ unico momento fuorviante, ma la foga che pervade quel refrain, per quanto lo proietti quasi in territori indie-rock, non stona con la morbida gradevolezza imperante. Le magiche “Real Bad News” (“You paint a lovely picture but reality intrudes, with a message for you, and it’ s real bad news” ) e “Invisibile Ink” sono dimesse auto-analisi generate dallo sconforto, in cui Aimee mostra una posa da eroina romantica, perennemente in conflitto col mondo. Tuttavia, la speranza che contraddistingue la sua attitudine alla vita la riporta presto ad uno stato d’ animo nobilmente fiducioso nell’avvenire (in “Today’ s The Day” ). L’ ultima canzone, It’s Not (cantato commosso, chitarra minimalista, pizzicato d’ archi) sembra però rimangiarsi tutto (“I believe it’ s you who could make it better, though it’ s not” ). Questo viaggio non poteva terminare in maniera più sconsolata, e forse l’ unica soluzione è davvero perdersi nello spazio: ma d’altronde, come dice un suo pezzo, “This Is How It Goes” , è così che vanno le cose, quando si ha il coraggio di affrontare la vita per quello che è.
Le liriche amaramente mature, la voce cristallina e limpida, i suoni puliti e tersi come un cielo primaverile, dipingono un ritratto d’ artista davvero impareggiabile, straordinariamente adulta: mi inchino dinnanzi a tanta eleganza.
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