La vera imperatrice è lei, altro che Terim. Ho capito di aver colto nel segno quando per sbaglio capitò qualcuno quando sentivo una canzone e disse: "in che lingua sta cantando, lui?"... E l'equivoco che la nostra giapponese, coreana di etnia, sia un'Amanda Lear del sol Levante non sussiste, neanche su quel Boy and Girl cantato sul film Delinquent Girl Boss (1970) con mise motociclettistica e charme da altezze sia fisiche che canore fuori dal comune in Nipponia.
Fatto sta che il Free Soul funziona alla grande su questa compilation che copre lustri di successi, dove cui non posso indicare all'utenza che mi legge i titoli dei pezzi perché scritti in giapponese. È un pregio se gli ideogrammi accentuano la nostra "idiozia". Ma cosa ce ne importa se poi siamo inondati da performance che aggradano come il luccichìo del sole sulla neve delle montagne del Sapphoro?
E il beat pop rock soul crea un Easy Rider raffinato ma immediato per un On the Road Banzai che ricalca la sua gioventù adolescenziale con le sue cadenzate fughe da scuola per cantare in locali di Osaka e poi riacchiappata e presa in custodia dalla polizia che la riportava alla sua famiglia disperata-rassegnata dall'usignolone che aveva in casa. Ma se una già all'inizio delle medie era già alta 1,63 là in quell'isola e poi a 17 anni, abbandonata definitivamente la scuola, si presentava col suo bel metro e settantaquattro e quella voce, valle a dire qualcosa, valle...
Insomma dal pulire i tatami della palestra del padre, a calpestare tatami di night club dance hall e jazz coffee shop e conquistare il debutto discografico nel 1968, a 18 anni, la grinta d'emancipazione è sempre quella.
In una cultura in cui le donne sono state tradizionalmente scoraggiate dal parlare apertamente e ci si aspetta che siano sottomesse agli uomini, Akko, diretta e sicura, sfoggia un anticonformismo e indipendenza naturale che non può altro che conquistarci.
Jotei Forever!
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