Il 2009: anno di cambiamenti profondi nella famiglia Akron.
Chi segue le gesta di questa band di freak folk saprà bene il ruolo chiave di Michael Gira nella scoperta di questi giovani talenti e, proprio grazie alle doti di talent scout del leader degli Swans, avevano attirato una discreta attenzione sotto la sua etichetta Young God Records.
Questo disco rappresenta il distacco dal padre Michael, senza sbattere la porta, ma con la reverenza dei figli verso un monumento che ha dato loro i mezzi per farsi conoscere e si affidano alle gesta della Dead Oceans (etichetta sotto l'egida di Secretly Canadian e Jagjaguwar che annovera Califone e Dirty Projectors tra gli altri..).
A questo distacco va aggiunta la scelta opinabile di uno dei membri chiave come Ryan Vanderhoof che, in piena crisi spirituale e divenuto membro di una comunità buddista, decide di non poter più suonare con il gruppo e la famiglia Akron resta un terzetto... ora, non so voi, ma leggendo tutte queste notizie il sottoscritto, che aveva apprezzato non poco i precedenti lavori, sente puzza di bruciato.

"Everyone Is Guilty" arriva a gettar acqua sul fuoco e si riparte esattamente da dove li avevamo lasciati, non si sente l'assenza di Gira dietro il vetro della sala incisioni, non si sente il commiato da Vanderhoof e si riparte dai soliti e belli Akron\Family. Ritmi corali, momenti acustici e qualche attimo di confusione quasi gospel che trascina l'ascoltatore in un'atmosfera colorata.
A fatica si dimenticano alcune magistrali soluzioni di "Love Is Simple", album precedente, perché le idee sono le stesse ma forse con una rinnovata maturità; credo che questo disco abbia portato a compimento più coerente le pennellate freak folk del disco di due anni prima, si respira qui una profonda concetrazione dei musicisti nella cura di arrangiamenti e sonorità.
"Set ‘Em Free" e "Many Ghosts" sono i pezzi migliori, riprendono in modo diverso un alone country, ma sempre immerso in una coralità che ne determina il netto tratto distintivo; mi vedo seduto al bordo di una spiaggia o attorno a un fuoco acceso con gli amici in estate: le voci, gli affetti e i sorrisi, mentre si vuole far festa e lo spirito gioioso invade il cuore.

Si passa da un intimismo bucolico avvicinabile agli esordi ad altri momenti densi di nuovi strumenti e ritmi da danzare alticci in cerchio, ma quello che mi colpisce è la continuata ispirazione. In altre parole credo che "Love Is Simple" abbia tre\quattro canzoni di assoluto valore che ne determinano l'aurea di miglior disco, ma si perda in alcune cadute di stile ampiamente perdonabili ma pur sempre tali, mentre in questo disco abbiamo un alto livello costante nella maggioranza delle tracce e una maturità nella cura del dettaglio che emerge con forza.
Sono stato ingannato anche io in prima battuta nel dover, quasi meccanicamente, affidare la palma del disco migliore a uno dei primi (compreso anche "Meek Warrior"), però a distanza di due anni dalla sua uscita inizio a covare qualche dubbio in merito.

Mentre rifletto arriva all'improvviso la sferzata noise elettrica della strumentale "MBF" che ci sveglia dal caleidoscopio di colori in cui siamo affogati, sembra quasi un esperimento weird metal per scuoterci e aprire il sentiero alle ultime tracce che coronano il disco con la cantilena finale "Last Year" che assopisce i sensi appena stimolati, ci lasciamo andare in un sonno leggero nel sacco a pelo carico di stelle e siamo convinti che il terzetto ha vinto, ma un pensiero vola anche a Ryan Vanderhoof e gli vogliamo bene, pur non avendolo mai conosciuto, pur non volendo vivere in una comunità buddhista, ma sapendo che facciamo tutti parte della stessa famiglia... Akron.

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