Dopo gli studi, il conseguimento del primo dan cintura nera di karate, l'avviamento verso un brillante lavoro "normale" quale consulente in psicologia per la riabilitazione, nel 1968 "Alexander Jarreau da Milwaukee" decide, contro ogni logica e sensata previsione, di buttarsi professionalmente a fare ciò che più gli piace: comporre e cantare. Dotato di grande estensione vocale e di polmoni adeguati, nonché di rare e reali doti compositive, Al ha successo immediato, soprattutto in Europa.
Dopo i primi dischi, i Grammy e cosette del genere, nel 1977 è il momento di tirare un po' le somme e pubblicare un disco dal vivo. In genere un disco dal vivo esce in periodi artistici di "stanca" o comunque in fasi interlocutorie. Invece "Look to the rainbow" resta ad oggi uno dei più bei pezzi di musica contemporanea che ci siano in giro. Sanguigno, coeso e ben amalgamato, ottimamente arrangiato sia nelle parti vocali che in quelle strumentali: in poche parole bello dalla prima all'ultima nota ed apprezzabile da tutti coloro che abbiano le orecchie non soltanto per fermare il cappelletto di lana d'inverno o le stanghette degli occhiali!
Di ottima musica a disposizione, tutta proveniente dal tour europeo di quell'anno, ce n'è veramente tanta e così l'album esce doppio (oggi tutto su un singolo CD, perciò ancora più "gustoso"). La formazione che accompagna il leader è per lo meno singolare: Tom Canning alle tastiere (90% del tempo piano Fender, poco piano acustico e sparse tastiere archi qua e là); Joe Correro alla batteria, Abraham Laboriel al basso e Lynn Blessing al vibrafono. Ma la scelta si rivelerà vincente, perché sopra una robusta base di basso e batteria, l'incastro tra Piano Fender e vibrafono ha del magico in quanto la musica sembra risiedere in grosse bolle di sapone, squarciate o accompagnate delicatamente dalla voce istrionica di Al Jarreau.
Non una nota fuori posto né un colpo di batteria da cambiare in quest'opera perfetta. Ideale sia per un viaggio da casa vostra sino al mare che, ad altro livello, per capire cosa sia la Musica e come possano interagire cinque menti su un palco in una simbiosi che a volte ha dello stupefacente. Parole, parole, parole. Ma le parole sono comunque parte integrante dell'artista Al Jarreau e costituiscono il mezzo espressivo suo proprio, assieme ad idee musicali originalissime ed affascinanti che continuano a sgorgare incessanti negli anni. Gli ultimi album ne sono testimonianza e l'ultimo "Accentuate the positive" lo vede ancora sulla cresta dell'onda. Ma torniamo a noi: quest'album in particolare sembra essere in perfetto equilibrio tra jazz di qualità ed esigenze di easy listening di alta classe.
1) "Letter perfect" Intro di piano elettrico, tastiere archi ed ingresso dell'Artista (alla… Wanda Osiris!), con vocalizzi e subito dopo con tono assolutamente confidenziale. Brano che rallenta, segue e sale, sale; sale di intensità appresso alla voce. Coesione è la parola giusta.
2) "Rainbow in your eyes" Parte un po' più sparato, su di una base funkeggiante: ideale terreno per le acrobazie di Al. All'improvviso il cantante lascia lo spazio al quartetto per un solo di piano elettrico sporco, aggressivo, da "Take no prisoner" che ti lascia senza fiato. Ad un tratto riprende pian piano inesorabile il dialogo scat singing tra voce e band. Sensazione di compattezza granitica di questo gruppo, come pochissimi in quest'ambito.
3) "One good turn" Molto intimista ed impegnativo; emozioni da rendere con voce soffusa ed estensione dinamica vocale sfruttata oltre il consentito. Impressione di forte dialogo telepatico con il pubblico e godimento reciproco nello scambio di emozioni.
4) "Could you believe" Questo brano, composto da Jarreau (8 pezzi su 12), sa molto di spiritual e si svolge in un crescendo di emozioni intense e comunione spirituale tra Tom Canning al piano elettrico e la voce soltanto, senza ritmica. Le doti vocali ed interpretative di Al sono evidentissime in questo disco: forse non s'era capito?;-).
5) "Burst in with the dawn" E' un brano da "viaggio nella notte". Base ritmica incessante e bellissimo gioco di sonorità tra piano elettrico e vibrafono. Sonorità tipiche di primi anni settanta. Ricorda molto il Pino Daniele di quel periodo, forse più vero e sanguigno che mai.
6) "Better than anything" Brano marpione (uno standard) che serve da esercizio di stile per qualsiasi cantante di doti acclarate che si rispetti e voglia giocare col pubblico. Molto swing e sfruttamento intelligente della dinamica. C'è un momento in cui la voce resta sola a "vocalare" di fronte al pubblico in estasi.
7) "So long girl" E' un pezzo ritmato, anch'esso funkeggiante e trascinante; decisamente apprezzabile il mood d'insieme ed il breve solo di vibrafono
8) "Look to the rainbow" Un salmo contemporaneo sale discretamente su un pedale-tappeto mono-tono per poi partire col brano vero e proprio. D'effetto e rilassante con garbo. Non è un caso che dia il titolo all'album.
9) "You don't see me" Parte con una serie di esercizi vocali bassi che richiamano canzoni tribali e poi si stabilisce su un tempo sincopato. Molto particolare e pieno di energia. Il canto tribale riprende verso la fine, accompagnato dal basso, per finire nella maniera più giusta: un pizzico di rap e tanta musica. Stop improvviso. Accordo finale "lungo" alla Duke. (Love you madly).
10) "Take five" Non manca mai, in un live, un qualche brano che pur non avendo in origine un proprio testo, venga stravolto con l'aggiunta di liriche e conseguente elaborazione personale del cantante di turno. In genere i risultati sono dal discreto al buono ma in genere si continua a preferire l'originale: se non hai niente da dire non dirlo! A meno che non siate i Manhattan Transfer con Birdland. Qui siamo invece in un contesto un po' diverso: la voce di Al Jarreau gorgheggia, gira e volta e sembra che questo brano sia nato con lui: creazione estemporanea e coinvolgente dialogo con la band e col pubblico, sul noto ossessivo ritmo in 5/4.
11) "Loving you" Bene, torna il piano elettrico in dose da cavallo (con un "sulky" che trotterella discreto, però!), per cullarti, appunto, e far dondolare il tuo cuore mentre le orecchie ascoltano un ritmo che muove le dita e te le fa schioccare a tempo in automatico. Anche qui un solo di vibes breve ma intenso e pieno di idee. Charlie Parker era solito dire: "you must be able to say everything in three choruses; the rest is practice". Certo che detto da lui…
12) "We got by" Lento ed inesorabile ti trascina a berti una cosa e a perdere tempo nel club sotto casa. Sonorità di piano acustico e giro di accordi atto ad una esibizione da perfetto crooner anni 50. Pupattola poggiata sul bordo del piano, fasciata in chiffon rosso e fumo nell'aria. Altro che jogging e mountain bike. Fischiettamento che prelude al cambio di tonalità. "Cotta e magnata" all'impronta da uno dei più grossi vocalist della scena contemporanea. Assecondato da una band ed una organizzazione coi controfiocchi: Tommy Li Puma è il deus ex machina che sta dietro ad un sacco di prodotti validissimi. Per tutti: Tutu.
Imperdibile disco, dedicato ai cultori e ricercatori di rari pezzi di musica oltre il dieci e lode, ovunque essa si annidi. In una marea incessante di note musicali stuprate, accompagnate malamente in uscita da strumenti od ugole; seppelliti da una quantità, indefinibile oramai, di dischi buoni, mediocri ed a volte anche decenti, questo CD si eleva ad 8000 metri di quota. Forse anche più in alto.
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