"I miei primi quattro album sono stati un apprendistato, questo è la mia tesi": è Al Stewart stesso a dirlo; ad, anche se riferita a dei dischi meravigliosi come "Bedsitter Images" e "Zero She Flies" un'affermazione del genere può sembrare quasi una mancanza di autostima (lontana anni luce dalla boria gratuita di molte finte superstar da quattro soldi), corrisponde sostanzialmente al vero. Il riscontro commerciale è ancora modesto, ma "Past, Present And Future" è il primo grande capolavoro della maturità per Stewart, il primo album incentrato su temi storici, con tutto il fascino che da questo può derivare, per il sottoscritto in particolar modo, ed un eclettismo che affiora con forza ed ispirazione. A differenza del sound arioso dai tratti spesso americaneggianti dei suoi successori, "Year Of The Cat" su tutti, che lo faranno conoscere ad un pubblico più ampio, PP&F presenta uno stile più riflessivo, non amaro come "Love Chronicles" e non essenziale come in "Zero She Flies", ma la componente folk-blues è ancora presente e radicata, arricchita da nuove idee e contaminazioni stilistiche.
Scegliendo di non includere un midtempo elegantissimo e arrangiato divinamente come "Soho (Needless To Say)" in "Orange" Al Stewart ha sacrificato il livello qualitativo dall'album del 1972, arricchendo tuttavia "Past, Present And Future" con un altro affresco di pittoresca vita urbana sulla falsariga di "In Brooklyn" ed "Electric Los Angeles Sunset", che idealmente sembra rappresentare il presente nel contesto generale dell'opera. Dal canto suo, il futuro si esprime con l'unica altra canzone dell'album ad esulare da temi storici, una novità assoluta per il range stilistico finora espresso dall'artista scozzese: "Terminal Eyes", scelta coraggiosa ma contoproducente come singolo di lancio, poichè si tratta di una canzone dalle sonorità ben poco radiofoniche, che fa ampio uso di sovraincisioni vocali, tastiere ed archi, che creano un bizzarro quanto originale sound ridondante e pieno di echi e riverberi, perfetto per un testo visionario e carico di metafore poco rassicuranti e di non facile interpretazione.
Comunque l'album si intitola "Past, Present And Future" non a caso, il passato viene per primo, è la principale fonte d'ispirazione: un passato piuttosto recente, ancora vivo e scolpito nella memoria, quello di "Post War World Two Blues" addirittura vissuto in prima persona; bellissima canzone come sonorità e concetto questo classico folk rock con tutto il potenziale per diventare un evergreen: un'autobiografia ed un manifesto artistico personale inserito in un contesto più ampio popolato da figure iconiche come Churchill, Eisenhower, Harold MacMillan e Robert Kennedy. Ovviamente non mancano ritratti più approfonditi di personalità meno conosciute come John Fisher, eroe della marina militare inglese tra la metà dell'800 e i primi del '900, omaggiato con l'evocativa ballad "Old Admirals", arricchita da ottoni che rievocano perfettamente l'atmosfera di una sontuosa parata militare, oppure "Warren Harding", brillantissimo e divertente uptempo folk ed acuta parodia dal sogno americano, basata sulle vicende dell'omonimo presidente USA dal 1921 al 1923, noto più per le malversazioni in cui furono coinvolti molti esponenti del suo governo che per la sua azione politica. Il cantautore rivolge la sua attenzione anche al nazismo, quello feroce e cannibalesco della notte dei lunghi coltelli, visto da una prospettiva sfocata, come un lontano flashback in "Last Day Of June 1934", una classica ed elegante ballad della sue, caratterizzata da uno stupendo finale in crescendo emotivo, in cui traspare una certa amarezza: "The couples pass me by, they're looking so good, their arms around each other, they head for the woods, they don't care who Ernst Roehm was, no reason they should, just a shadow that hangs in the air", così Al Stewart canta l'inesorabile sbiadirsi della memoria.
Il nazismo è il tema portante anche della canzone simbolo di "Past, Present And Future", uno dei più grandi capolavori di Al Stewart, "Roads To Moscow", che lo ritrae in maniera ben più vivida e diretta nella sua impresa più ambiziosa e titanica, che ne poterà all'inesorabile caduta: otto minuti da pelle d'oca, una narrazione accompagnata da un tremulo ed incessante mandolino e cori femminili gravi e solenni, una marcia cadenzata in cui si possono quasi avvertire le gelide sferzate di vento e neve dell'inverno russo, il fallimento e la rovina osservati in prima persona dagli occhi di un soldato semplice, che non comprende fino in fondo i suoi ordini e le ragioni della guerra, ma che meglio di chiunque altro può descrivere la lenta ma ineluttabile agonia della sconfitta. La scelta di chiudere "Past, Present And Future" con "Nostradamus" è intelligente e azzeccata, e questa folk ballad che sfiora i dieci minuti di lunghezza, decisamente più tranquilla di "Roads To Moscow", assicura una chiusura in grande stile per un album sopraffino: atmosfera cullante, onirica, che lentamente prende vita rievocando le profezie del controverso studioso francese: Napoleone, Hitler, Francisco Franco, i tre fratelli Kennedy, il muro di Berlino ed altri presagi misteriosamente nitidi.
Si apre così un grande ciclo musicale e tematico destinato a prolungarsi fino al 1980, l'Al Stewart più conosciuto e di maggior successo commerciale, che da lì in poi procederà affinando gradualmente le specifiche di stile della sua musica, in un percorso ben definito e lineare e non con cambiamenti repentini come nei suoi primi anni. Se è vero che sarà il successivo "Modern Times" il suo primo successo commerciale di portata significativa è "Past, Present And Future" il punto di partenza per l'Al Stewart maturo, un capolavoro dimenticato da tramandare ai posteri.
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