Galeotto fu il serial tv. I "Sopranos" qui in Italia non ce li siamo filati più di tanto, ma sull'altra sponda dell'Atlantico ne hanno fatto quasi una malattia, con tanto di editoriali sull'Economist, che per una volta ha smesso pure di occuparsi di Berlusconi. Comunque la si voglia pensare sull'argomento (e non è necessario avere una opinione) è però verità inconfutabile che i due minuti della sigla iniziale, con Tony Soprano che, fumando l'inseparabile sigaro, conduce il suo SUV per le strade del New Jersey sulle note di "Woke Up This Morning", sono sufficienti a rendere questa serie semplicemente indimenticabile.

E tra i vari meriti che sono stati riconosciuti ai Sopranos non ultimo viene quello di aver portato alla ribalta la semi-sconosciuta band autrice della canzone scelta per gli opening credits, tali Alabama 3 (A3 per gli amici). Già il fatto che, provenendo da Brixton, sud di Londra, si scelga di ficcare l'Alabama nel nome della propria band è indice della bizzaria artistica, se non della confusione mentale, di questa gente.

Se poi ci si spinge oltre, fino a prenderli sul serio e dedicare un'oretta ad ascoltare questo loro disco d'esordio "Exile On Coldharbour Lane", la vostra perplessità non potrà che crescere. Chi diamine poteva pensare di partorire questo zibaldone in cui acid house ed elettronica in stile Bristol sound si fondono con il gospel e il country dell'America più profonda? E come se non bastasse, questi personaggi, che si sono affibbiati pseudonimi tipo "The Very Reverend Dr. D. Wayne Love" o "The Mountain of Love", ci hanno infilato in mezzo di tutto, dallo spiritualismo dei predicatori televisivi al maoismo rivoluzionario, il tutto condito da un sarcasmo irriverente che nemmeno Mordecai Richler.

"Skunk-rock" l'hanno chiamato i critici nel loro furore classificatorio e la definizione potrebbe anche essere azzeccata, se non fosse vagamente dispregiativa. Perché intendiamoci quelle degli A3 non sono solo canzonette. Questa è musica con la M maiuscola.

Sulla stessa "Woke Up This Morning", la loro unica e vera hit, sono fiorite leggende, di cui è possibile trovare ancora traccia nel web e che ne attribuivano la paternità a niente di meno che Leonard Cohen, con gli A3 relegati nel ruolo di semplici remixers. Forse perché sembrava improbabile che questa scanzonata formazione potesse concepire un pezzo di tale effetto, con echi lirici degni appunto di un Cohen o un Dylan.

Che dire poi di "You Don't Dance The Tekno Anymore", ballata country-dance che sui toni festosi di una musica da moderno saloon narra la vicenda del Dj che davanti alla suo postazione vede collassare e morire una ragazzina che si e' fatta di anfetamine

Per cambiare tono è impossibile non citare il politically incorrect di "Bourgeoisie Blues" o di "Mao Tse Tung Said" costellati di improbabili slogan marxisti-lenisisti, con la seconda che si apre con una lungo comizio anti-pacifista per poi ribadire che, come diceva Mao-Tse Tung, la rivoluzione deve passare per la canna di un fucile. Esilarante il siparietto il cui il vocalist Reverend Love interroga la povera Mellie sulla dottrina rivoluzionaria per sentirsi prima rispondere incredulo che Mao predicava la pace ("No I'm sorry. I had my mind on something else" si giustifica Mellie) e poi condurre la smemorata discepola alla giusta risposta ("He had a nice little phrase that everybody should know. Change must come thru the barrel of a gun. Oh-You got it.").

Godetevelo tutto questo disco. Se siete cinici a sufficienza vi metterà di buonumore.

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