Esponenti del cosiddetto “Baskersfield Sound”, i tre cugini Jeff Cook, Randy Owen e Tedd Gentry sono reduci da tre fatiche discografiche passate pressoché inosservate, ma finalmente raggiungono la lucidità compositiva e la notorietà con “My Home’s in Alabama”, best seller del panorama country nel 1980.

Con il supporto del batterista Mark Hernond, nei contenuti esprimono un elogio costante alle proprie origini e usanze, in sospeso tra fede e testardaggine giovanile, con la musica prendono un country assodato e lo annacquano con abbondanti dosi di easy listening. Trascinato dalle scorribande radiofoniche delle hit-single “Tennesse River” e “Why Lady Why” (entrambe al primo posto nella classifica country), il 33 giri presenta altre canzoni dalla presa meno rapida, ma in sostanza di buonissima fattura. Anzitutto la lenta e genuina “My Home’s in Alabama” (onestissimo diciassettesimo posto in classifica), un elogio al Sud con un’azzeccata alternanza tra strizzatine d’occhio al mellifero John Denver post ‘74 e artigianali virate country, che invece risulta un po’ abusato in “Hanging Up my Travelin’ Shoes”. Segue una carrellata di ballate orecchiabili per cuori sensibili quali “I Wanna Come Over” e “Some Other Place, Some Other Time”e “Can’t Forget About You”, fino a un approccio leggermente più maschio, condito con il solito buon country, di “Get It While It’s Hot” e “Keep on Dreamin’”.

Le dichiarate tendenze sudiste e un genere musicale mirato ad un target ben definito non permettono di ambire ad altri, ma forse nemmeno voluti, obiettivi. Gli Alabama soggiornano abitualmente nelle posizioni alte delle classifiche country per tutti gli anni Ottanta, fino all’inesorabile declino degli anni Novanta.

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