Quando nel 1976 gli Yes decisero di prendersi una pausa dopo lo snervante tour di Relayer, ognuno di essi pubblicò un lavoro solista, forse per cambiare testa, forse per seguire per una volta le proprie idee, una propria strada e creare per una volta con la propria testa. Tra i cinque c'è chi ci è riuscito egregiamente (su tutti ovviamente Chris Squire) chi abbastanza bene (Steve Howe), chi con risultati abbastanza altalenanti e di certo non straordinari (Jon Anderson e Patrick Moraz) e chi proprio non ce l'ha fatta, come Alan White e il suo "Ramshackled".
Il motivo? Semplicissimo: non è suo un album. Lo è, ma non lo è, dato che Alan White fa da mero prestanome e da semplice esecutore, perché non firma nemmeno un solo brano. I pezzi sono tutti scritti da Colin Gibson (basso), Kenny Craddock (tastiere) e Peter Ketley (chitarra), fra la pletora di sessionman assoldati per questa (dis)avventura musicale.
Non c'è niente in questo album che faccia strabuzzare gli occhi o da colpire l'ascoltatore e di sicuro non stupisce il fatto che in termini di vendite "Ramschackled" sia risultato un episodio a dir poco irrisorio. Incredibile come anche la copertina dell'album, spesso, venga dalla nostra mente associata al suo contenuto: a dir poco orribile.
Un'ariosa influenza soul/funky permea per quasi l'intera durata dell'album, o perlomeno nelle parti cantate (da un anonimo cantante di nome Alan Marshall) e questo forse rende il tutto molto più stucchevole. Il soul di seconda categoria di Everybody e Giddy, lo scontato raggae di Silly Woman, l'eccessiva lentezza di Darkness, il funky di Ooooh Baby! o le leggerezza di One Way Rag fanno ufficialmente di questo disco un lavoro malriuscito.
Un pochino meglio le tracce strumentali, la sperimentale Avakak e la delicata Marching Into a Bottle, ma forse l'unica canzone davvero degna di nota è Song Of Innocence, con due illustri ospiti come gli yesmates Jon Anderson e Steve Howe, che però non riescono a risollevare il piattume generale che impera nel disco.
La cosa più disarmante di questo disco è sicuramente la prestazione alla batteria dello stesso Alan White, che non convince e non mostra ciò di cui è capace, specialmente se paragonato a ciò che ha dimostrato con gli Yes. Un drumming abbastanza nella norma caratterizza il disco, sintomo di troppa rilassatezza. Sembra quasi che Alan in realtà non fosse per nulla pronto a prendere in mano le redini di un gruppo, o comunque di un insieme di turnisti. In questo lavoro Alan White alimenta, ahimè, il clichè che vuole i batteristi i meno avvezzi nei panni di songwriter.
Sembra dunque chiaro che questo lavoro sia stato fatto più per non rimanere indietro rispetto agli altri membri degli Yes che non per pura ispirazione artistica. "Ramshackled" è indubbiamente un episodio da dimenticare (e fortunatamente dai più dimenticato). Quando non si hanno idee, forse è meglio non iniziare un progetto, specie se importante come un album di studio.
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