Di cantanti "fenomeni" ormai ne escono circa uno al mese e di ognuno si dicono le stesse cose: è un grande, ha qualcosa da dire, ha un vissuto difficile, si ma ha personalità, eh ma guarda il/la produttore/trice, è raccomandato, durerà, ma no vedrai che sparirà presto. In questo showbiz in cui basta fare una puntata alla Corrida per sentirsi in diritto di pretendere di incidere un disco, in questa folla di cani e porci col microfono in mano, le eccezioni sono rare, ma ci sono. Alanis è forse una di queste.

Chi non la ricorda agli esordi, capellacci scomposti, frangettona sugli occhi, bocca enorme perennemente spalancata a urlare rabbia e rancore a fidanzati, amici e genitori? "Jagged Little Pill" fu preso per quello che era: la trasposizione in note delle tante pillole ruvide e amare che questa giovanotta canadese aveva dovuto ingoiare nella sua (sembra) vita difficile. Credo che a tutt'oggi si attesti come il disco d'esordio più venduto della storia, sbancò le classifiche e lei diventò un fenomeno planetario. I suoi testi furono considerati scandalosi e spesso censurati (ovunque tranne che da noi: indimenticabile la performance sanremese, lei che dal palco parlava di sesso orale con "You Oughta Know" e tutti che annuivano contenti, salvo poi qualche anno dopo narcotizzare Eminem per neutralizzarlo), finchè Madonna la portò alla sua Maverick con un bel contrattino che avrebbe dovuto affinare il suo talento, sgrossandolo da quella rabbia adolescenziale (complice Glen Ballard). Infatti arriva puntuale lo sconcerto: se ne esce con un cd "interlocutorio", quell'"Under Rug Swept" in cui non si capisce un cazzo, a partire dal titolo.

Alanis è stata travolta dal successo, se n'è uscita di melone (ah, che storia commovente) ed è volata in India a ritrovare se stessa. Al ritorno non era più arrabbiata ma, ahimè, anche troppo mistica e soporifera...i fans della prima ora snobbarono questo lavoro (io stessa non sono sopravvissuta al primo ascolto) e la stella sembrava offuscarsi...finchè nel 1999 Mtv organizzò uno dei suoi tanti Unplugged e fu proprio Alanis la protagonista. Ancora in piena crisi mistico-indiana si presentò sul palco con i capelli lunghissimi e liscissimi, vestita di rosso in tono con la scenografia, imbracciando la chitarra e mettendo al collo l'armonica. Inizia così il set, che a mio parere non ha nulla da invidiare a quelli strafamosi e ultra celebrati di Cobain e soci piuttosto che di Eric Clapton o George Michael. Tra candele, luci soffuse e atmosfere chiaramente orientaleggianti Alanis ci offre il suo lato più intimo, offrendosi agli ascoltatori con tutta la versatilità della sua voce particolarissima e inconfondibile (o si ama o si odia). Ci propone quelli che sono stati i suoi cavalli di battaglia (quasi tutti da "Jagged Little") più alcune chicche. A parte l'intero riarrangiamento in chiave più intimistica e meno urlata (deo gratias) che molto giova e permette di apprezzare la tecnica vocale, segnalo quelli che restano i pezzi fino ad allora meno noti: in primis "No Pressure Over Cappuccino", tralasciando il testo ermetico degno forse dei migliori trip di Micheal Stipe, è una ballata delicata e densa di sonorità calde e soffici, a tratti sognante, che si appoggia su armonie di respiro più ampio delle chitarre grezze degli esordi. Esordi che sembrano lontani, Alanis è un'altra persona. Tranquilla e sorridente, canta "You Oughta Know" senza più ghigni e grugniti e forse è il suo viso sereno ad aggiungere senza dubbio più dolcezza alla sua persona, ma anche a togliere ai suoi pezzi quel "qualcosa" che li aveva tanto fatti risaltare appena quattro anni prima. Notevole il rifacimento di "King Of Pain" di Sting, molto ben suonato e ottimamente cantato, si integra a perfezione con il resto della tracklist tanto da sembrare un pezzo scritto da Alanis e non una cover. Finale da brividi con "Uninvited". Testo anche qui incomprensibile (" Must be strangely exciting/To watch the stoic squirm/Must be somewhat heartening/To watch shepard meet shepard" mmmmmm.....senza dubbio interessante l'incontro tra pastori) ma canzone in sè stupenda, colonna sonora del film "City of Angels" (polpettone mieloso? Non l'avete visto? Male, secondo me merita e parecchio). Atmosfera onirica, con voce che va su e giù e finendo come "sospesa".

Insolito ma non troppo anche l'arrangiamento di "Head Over Feet", un pò più innovativo quello di "Ironic" (un inno, per me). Insomma, Alanis si guadagna la sufficienza piena all'esame del "senza spina", emozionando e confermando le sue indiscutibili doti, il disco vende bene e il suo nome (e sicuramente anche il suo conto in banca) si rilancia un pò. Solo che....sembra che ormai non riesca più a trovare la formula magica. Alanis ragazzina incazzata modello proto-Avril spaccava, Alanis donna matura che canta le sofferenze del mondo interiore di ognuno di noi forse piace un pò meno...lo dimostra il fatto che i suoi dischi più venduti restano, esordio a parte, le raccolte e i vari Greatest Hits (chissà perchè). Nemmeno le collaborazioni prestigiose, le cover di pezzoni (ultima "Crazy" di Seal), l'auto-produzione e il reinventarsi sonorità e look sembrano salvarla dal limbo in cui è scivolata...povera Alanis. Ragazzina prodigio che si è bruciata le ali troppo vicino al sole. Questo cd resta un punto d'arrivo per chi l'ha amata in "Jagged Little" (io) e un buon punto di partenza per chi l'ha scoperta dopo ed è alla ricerca delle origini.

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