Ebbene, vorrei parlare dei quasi (ormai) sconosciuti "Alastis".

Gli Alastis che non sono, come tante volte ho letto e sentito dire, una brutta copia dei loro conterranei, nonché parenti, Samael. Anzi.

Certo, parlo dei tempi in cui questi Svizzeri suonavano un genere fortemente intriso di atmosfere Black/Death ma con in più, gli immancabili accenti gotici che poi, con l'andare delle cose, sono diventati il perentorio marchio di fabbrica della band. Oggi, certo, non ha più senso parlarne, visto il proliferare di tante band che propongono la solita miscela, a volte anche buona per carità, di goticismo e ferocia serviti sullo stesso piatto rivisto tante volte, ma, ciò che differenziava gli Alastis dal resto delle band, soprattutto scandinave che si sono cimentate nel sentiero contaminato della melodicità mista all'attitudine spiccata alla brutalità, è stato proprio questo secondo fattore: il non perdere, in questo ambito, il piglio "Black" da cui derivavano ed anzi tenendolo sempre ben presente. Di ferocia, di rabbia, di risentimento, di urla squassanti e di gorgogli estremi in "Revenge", infatti, se ne sentono parecchi.

Non dico che questo album sia un capolavoro; non dico che sia da avere ad ogni costo, ma certamente qualche ascolto lo merita eccome, visto il talento, a volte canzonatorio, a volte di matrice dissacrante, a volte oscuro e tenebroso che qui viene sprigionato. Bene intesi: se cercate il tecnicismo o la cultura sopraffina nei testi, in questo cd non la troverete. Se invece non vi dispiacciono le atmosfere plumbee e rarefatte, seppur ariose e ben strutturate, o non sapete staccarvi da certi stilemi musicali che vi rimandano immediatamente a montagne innevate, cieli oscuri, notti invernali, e sabba al chiar di luna, allora non potrete farne a meno; iniziando tanto per dire, dalla prima traccia "Just Hate", che non è altro che, invero, un ritornello molto incisivo e ficcante ripetuto per quasi tutta la durata del brano, e vi fanno spicco, tra le altre cose, tastiere sempre in primo piano, chitarre modulate in maniera "stranamente" Heavy e non raschiante come in tradizione Death, seppur sapendo sprigionare benissimo la giusta dose di cattiveria, e la voce di War D., rabbiosa come quella di Lars G. Petrov, un pò più rauca e bassa sui toni, quasi di rimando, ancora, al Black Metal delle origini, che, ad ascoltarla bene, sa molto bene affascinare e ammaliare nel proprio marciume affogato nell'acido dell'odio.

Il disco, iniziato bene con, appunto "Just Hate", prosegue con "Burnt Alive", con "Eternal Cycle" e con "Sacrifice" che, a parere di chi scrive chiude una parte del lavoro svolto; quella, tanto per intenderci, dello sfogo irato, soffocato ma non ancora troppo pieno di costernazione. E le modulazioni di potenza e di bestialità le si sentono tutte in questi quattro brani, soprattutto nella stessa "Sacrifice", talmente efferata, eclettica e versatile da poter anche impressionare ed avvolgere senza tanti complimenti. Ma ogni traccia, di queste nominate finora, ha una propria particolare peculiarità, un proprio personale "appeal" che si fa, mano mano, sempre più cangiante e marziale, riuscendo ad implodere su se stesso prima che una nuova parte ricominci.

"Ecstasy", "Nemesis", "Like a Dream", sono la continuazione gotica di quanto finora espresso. I tempi rallentano e si fanno più cadenzati, le chitarre spesso e volentieri cedono il passo alle note di tastiera e di synth, la voce feroce "da orco" diventa più sferzante, sibillina ed epica, e l'apice lo si raggiunge con la bellissima, sentita e tragica "Like a Dream", dove, attorno ad un arpeggio cupo, si sviano malsane e criptiche linee melodiche che poi ritornano al punto di partenza. Niente di speciale, ma di sicuro effetto e di certa "sensazione".

Si arriva infine, alla parte, chiamiamola pure più "Black" del cd, che inizia con "Bring Down", prosegue con "Agony" e finisce con "Revenge", anche se le partiture epiche della prima del trittico, cozzano poi con l'attacco Thrash ed in seguito altamente feroce della seconda e con le atmosfere quasi "Industrial" della terza che poi però prende molte tangenti verso lidi affascinanti ed ostili, e che è la vera anima e punto finale di un lavoro davvero ben congegnato, pensato e ben fatto, e a cui io, se non conoscessi gli Alastis, darei sicuramente più di qualche ascolto.

A voi ogni altro giudizio.

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