Il Cretto di Gibellina è la più grande opera di Land art esistente, al mondo. Realizzato dall'artista Alberto Burri tra il 1984 e il 1989 è ancora oggi poco conosciuta e poco visitata.

Ma andiamo con ordine.

Nel 1968 un terremoto, nel Belice, una arida regione della Sicilia, distrugge il paese di Gibellina. Rimangono solo macerie.

Qualche anno dopo Gibellina è stata ricostruita qualche km più in là.

Il nuovo sindaco, un certo Corrao, senatore della repubblica e visionario, chiama gli artisti più in voga che bazzicavano a Roma in quegli anni (Schifano, Guttuso, Consagra, Accardi - giusto per citarne alcuni, e appunto Burri) e che conosceva personalmente per creare qualcosa che restituisca importanza, visibilità, valore storico e artistico a un paese disegnato a tavolino, insomma, dare una nuova anima a Gibellina.

Gli artisti arrivano e realizzano opere pazzesche, ora e per sempre (si spera) visitabili nel mirabile museo di Gibellina. Burri però non crede di poter fare qualcosa per la nuova Gibellina.

Chiede a Corrao di portarlo alla vecchia Gibellina, che altro non è un cumulo di macerie. Lì realizza il suo sudario, una gigantesca colata di cemento (ci mette quasi quattro anni), dentro la quale si può camminare, un monumento (appunto, con la funzione di memoria) alla morte.

L'arte smette spesso di piacere quando non assolve alla funzione estetica, quando, per esempio, ricorda la morte o la sofferenza. Oggi si tende a godere solo del bello e artisti come Jago spopolano, ma ci si dimentica che nel 1400 (ma non solo) i celeberrimi autori raccontavano il martirio del Cristo in croce. Il cretto non è solo una colata di cemento, ma una impronta feroce, un mantello arido e crudele, appunto un sudario steso sulla morte.

Qualcosa di simile, con una simile funzione intendo, esiste anche a Berlino ed è dedicata alla Shoah. Solo che quella è visitata da milioni di turisti.

Visitatelo!

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