Nel 1952 Alberto Lattuada firma quello che è considerato dai più come il suo capolavoro: Il cappotto.
Tratto da un racconto di Nikolaj Gogol ed interpretato da un Renato Rascel a dir poco sorprendente, Il cappotto è la storia di Carmine De Carmine, modesto impiegato al Comune.
Carmine è diligente e scrupoloso, tuttavia è un pasticcione stralunato. Candido e timidissimo, Carmine è continuamente vessato dal segretario generale, dal sindaco nonché dai colleghi gaglioffi e ridanciani.
Nonostante l’impegno e la buona volontà non ne combina una giusta, gli va tutto storto… anche il suo cappotto, già lacero e malconcio, lo sta per abbandonare. Se solo potesse avere un cappotto nuovo…
Amarissima commedia (si ride spesso e bene) Il cappotto è un film al contempo di rara delicatezza e brutale crudezza . In costante equilibrio tra favola e tragedia il film racconta ancora una volta di un’Italia cinica e spietata, altro che bel paese, altro che italiani brava gente. Oppressi ed oppressori, per dirla alla Manzoni, si muovono nei loro ruoli e non c’è verso di invertirli questi ruoli e manco di smussarli…
Carmine lo sa bene, egli è un oppresso doc… eppure, per una sua inclinazione verso sentimenti di bontà e giustizia, nonostante la sua acuta timidezza e naturale codardia proverà a chiedere lo stesso un briciolo di giustizia ed umanità per se e per gli altri.
Il film, sorretto da una splendida fotografia, uno dei punti di forza del Lattuada regista e magistralmente interpretato da Rascel ottenne fin da subito consensi entusiastici dal pubblico e dalla critica.
Di assoluto rilievo anche l’interpretazione del ferocissimo sindaco (Giulio Stival) e indimenticabile anche Giulio Calì, il sarto che confezionerà il cappotto nuovo al nostro…
Renato Rascel dicevamo. Non aveva alcun credito, proveniva dalla rivista, la serie b dell’attore, ed aveva interpretato perlopiù filmetti senza velleità alcuna.
Questo personaggio così minuto con quei baffi da topo (l’idea dei baffietti fu dello stesso Lattuada che preferì Rascel a Totò, prima scelta, in quanto ebbe il timore che Totò, strabordando, avrebbe potuto sovrastare il personaggio di Carmine così anonimo e dimesso).
Renato Rascel ottenne lodi sperticate in giro per l’Europa, un novello Charlot dissero ma con una sua personalità… e vinse il Nastro d’argento come migliore attore.
Anch’io ho pensato subito a Charlot per le fattezze fisiche e le movenze ma anche a Fantozzi e non tanto perché i due hanno in comune la goffaggine e l’essere vilipesi dai colleghi sul posto di lavoro quanto per la rappresentazione dell’ambiente di lavoro. La crudeltà degli stessi colleghi, la totale prevaricazione dei superiori nei suoi confronti …e se in Fantozzi tutto viene esasperato in chiave grottesca, qua lo scenario è invece più realistico…
Nel film ascoltiamo più volte il Bosco Viennese di Strauss e adesso quando ascolterò questo brano forse penserò più a Carmine che a Battiato.
Ciao Carmine, era davvero magnifico il cappotto che ti fece il sarto e com’eri felice di indossarlo!
Ed è a tutti i Carmine De Carmine del mondo che mando questa dedica musicale.
https://www.youtube.com/watch?v=xPoqqkHo-R0
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