Intorno alla carismatica figura di Neige ruota una piccolo gruppo di band, che fanno dell'originalità e della singolarità il loro punto di forza, sapendosi distinguere all'interno dell'affollato panorama europeo: il nostro eroe milita (o ha militato) infatti in alcune formazioni francesi, tra cui i reietti medievali Peste Noire, i modernisti Amesoeurs, ed i malinconici Mortifera; se a questi vogliamo aggiungere il recente ingresso in una misconosciuta formazione norvegese, i Forgotten Woods (qualcuno li conosce?), il ritratto non sembra certo quello di un novello.

Alcest è uno degli ultimi progetti nati dalla mente di Neige, leader e polistrumentista, coadiuvato in questo EP di debutto da Aegnor ed Argoth, entrambi dalla band madre dei Peste Noire.  Il progetto nasce nel nuovo millennio, con un demo stampato l'anno successivo, ma per la prima prova in studio bisogna aspettare il 2005, che vede l'uscita appunto di questo primo EP "Le Secret". Più che nel tipico cantato in francese, che non è nuovo alle band transalpine, la vera innovazione sta nella scelta di adottare uno stile innovativo, personale e riconoscibilissimo; Neige infatti prende le distanze sia dal Black metal arrembante di scuola Peste Noire, popolato da figure in decomposizione, dove morbi e malattie si diffondono per  rocche e  mura di paeselli di campagna, sia dal versante modernista ed impegnato degliAmesoeurs.

La scelta ricade su un Black Metal intimista e riflessivo, pacato e sempre in punta di piedi, ma capace di affascinare e stregare, nonostante la difficoltà della proposta. Il breve EP, propone due brani molto differenti tra loro, ma che già riescono a comunicare quel senso di inquietudine e calda freddezza che farà proprio il successivo capolavoro "Souvenirs D'Un Autre Monde".

 

Il primo brano, la title-track "Le Secret" adotta al formula che sarà sfruttata in modo costante dal disco seguente: 2/3 minuti passati insieme allo scorrere di un ruscello, al cinguettare degli uccelli, ai dolci arpeggi della chitarra acustica che ricama trame impalpabili ed eteree; poi lo specchio d'acqua s'increspa, batteria e ritmo si movimentano, le chitarre diventano elettriche, graffiano, fino al riffing vero e proprio.

È necessario spendere qualche parola riguardo a questo aspetto: l'approccio al Black metal degli Alcest è avanguardistico; questo termine potrà stupire chi si aspetta da quest'etichetta, almeno in campo Metal, un connubio tra sonorità metalliche e elettroniche, magari alzando il numero di battiti, privando il suono della sua componente umana. Ci si immagina insomma qualcosa di simile ai Fear Factory nel caso più semplice, o magari agli Ulver o ai Manes più sperimentali: Neige invece ha scelto di operare una trasformazione interna al genere, lavorando sulla struttura del riff, piegandolo alle esigenze espressive, volendo creare un suono più malinconico ed etereo del classico giro in tremolo ( o "a monocordi"). Per questo si giunge ad una fusione tra il Black  Metal ed il cosiddetto Shoegaze, una forma musicale parte dell'alveo del Post-Punk/New Wave (My Bloody Valentie il nome più rappresentativo), in cui un primordiale assetto Pop/Rock viene stravolto da una coltre di rumore generato dal riffing continuo ed avvolgente delle chitarre distorte.

Su questa base anche Neige costruisce il suo brano, sempre variando la struttura interna della canzone, ma mantenendo inalterato lo spirito malinconico dietro essa.

Sulle stesse coordinate si muove anche la seconda "Elevation", tratta dall'omonimo fiore di Baudelaire; testo e musica si compenetrano in modo davvero significativo: il ritmo si alza, a tratti quasi affidato a Blast Beats, mentre il rifferama fonde in modo più compiuto le diverse anture di cui abbiamo parlato. È l'ultima volta in cui Neige si affiderà al cantato in scream, straziato e bellissimo allo stesso tempo, dato che sul primo brano del disco, come nel capitolo successivo, il cantato pulito la farà da padrona.

"Elevation" è la storia di un volo, a cui ognuno può dare la propria interpretazione; personalmente vi leggo un moto di ascesa al cielo, il sorriso di chi sta abbandonando questo mondo, la calma neo-classica delle statue del cimitero della mia città, dove gli angeli in marmo si muovono indisturbati tra i vialetti alberati, dove pallidi figure di bronzo ti guardano dall'alto dei loro seggi, finalmente liberi.

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