Alec Empire è forse il terrorista sonico più famoso in Europa: partito dalla natia Germania ha prima perturbato l'etere con alcuni lavori solisti (prodotti anche dalla seminale label tedesca Mille Plateaux) per poi fondare i famosissimi Atari Teenage Riot, trio dedito alla più violenta forma ricetta sonora dello scorso decennio. Gli ATR hanno estremizzato il concetto di musica elettronica, incrociando brutalmente industrial, techno, grindcore e noise. Nello stesso tempo Alec ha proseguito con la carriera solista, che pian piano si è spostata verso lidi più affini al gruppo senza per questo smettere di sperimentare. Nel 1994 ha anche fondato la sua casa di produzione, la Digital Hardcore Recordings (più che un nome, una garanzia) e proprio attraverso questa (per inaugurare la collana Limited) nel 1997 ha dato alle stampe "Funk Riot Beat" sotto il moniker Death Funk.

Il disco parte subito inequivocabile incrociando ritmiche serrate drum'n'bass e distorsioni agghiaccianti, impossibile restare fermi al suono di "Down With The Shit". Invece "Crystal" è più pacata e forse una delle vette dell'album col suo dub infernale di grande fascino.

L'album continua, sperimentando assalti breakcore che intersecano con semplicità coordinate techno e jungle: ne salta fuori un ibrido sincopato, affannoso e dal suono pesante oltreché martellante. È un incandescente magma sonoro di matrice urbana ed industriale dal suono di carta vetrata e dai bassi iper-spaziali. Una bordata ritmica segue l'altra, concedendo pochissimo alla tranquillità (e sanità mentale) dell'ascoltatore. I momenti per riprendere fiato sono davvero pochissimi ed in mezzo a questa catarsi, saltano fuori particolari avvincenti: l'incertezza che improvvisamente si affianca al battito e lo decompone in materia elettronica primordiale (loop sconnessi e distorti) verso la fine di "Ward Like It's A Pose", oppure l'incedere da classico (così orecchiabile, eppure così noise) di "Beating Up The B's". "Rip Your Brain Out" flirta con l'ambient e la drill'n'bass, ma non pensate di potervi rilassare; stessa atmosfera inquieta creano i chitarroni quasi metal che dominano nell'industrial ambientale di "Moon Explosion". Mentre "Don't Mess Up With Me" è la parodia rovente, elettronica e noise di un pezzo gansta-rap.

Insomma questo disco è la perfetta colonna sonora per un rave o per avere un bel po' di carica: è grezzo, istintivo e martellante proprio quanto piace a gentaglia come noi. Non sarà un capolavoro "Funk Riot Beat", forse più un divertissement ben riuscito, ma i suoi quarantacinque minuti scorrono via che è un piacere.

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