Io odio quest'uomo.
So che probabilmente non interessa a nessuno, ma il mio odio è viscerale.
Lo vidi dal vivo, al Transilvania di Milano, sembrava un big gim a cui avessero troppe volte schiacciato il pulsante dietro la schiena. Pubblico: quaranta persone; e lui giù di grinta a fare il medesimo calcio, il medesimo identico calcio in aria urlando "c'mon, reactionaries dieeeee!", con un'aria da palo tra le terga.

Alle interviste lui spiega che in realtà è un innovatore: ha creato ritmi che manderebbero in visibilio tribù intere di babbuini, che ha collaborato con tizio caio e sempronio, che odia i fascisti, che dormiva su una branda militare durante le registrazioni del disco. E giù facce da cattivo, magliette e pantaloni all-black, pose alla Iggy Pop dopo una dose troppo forte di Lexotan.
Si apre il cd e si legge sul booklet, testuali parole, che lui fa una musica che condanna gli eserciti a scomparire e a coprirsi di vergogna. Si infila il cd nel lettore e una voce, che sembra provenire da qualcuno rimasto chiuso nel cesso, minaccia: "I'm talking about the death of rock and roll!"
Cribbio, lo sventurato pensa, questa è roba forte... e giù anche qui valanghe di pose industrial-metal-punk e vattelapesca, dove il nostro eroe si limita a ululare come un gabbiano colitico.
I riff sono pressoché tutti uguali, alcuni sembrano rubati da quelli degli Stooges (ma guarda un po'!); l'unico elemento che potrebbe salvare questo Bismarck musicale è l'elettronica di Endo, che cerca disperatamente di tessere inteleiature raffinate.
Ma no! Lui è troppo preso dal fatto che il mondo va cambiato! Anche se si vendono due dischi e devi cancellare date perchè nessuno ti viene a vedere, come in Italia.

Una parola su tutte: evitatelo! Le vere perle di rabbia e di autentico punk elettronico e moderno sono nascoste altrove.
Gli Atari Teenage Riot hanno fatto il loro tempo, e il nostro Empire da solo fa un po' troppo poco per entusiasmare.

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