Film del 2003, che trova nel titolo la soluzione pubblicitaria che gli ha garantito code ai botteghini. 21 Grammi. Secondo leggenda, il peso che si perde quando l'anima umana abbandona il corpo nel passaggio a miglior vita.
Ma andiamo con ordine: la pellicola è realizzata in maniera tecnicamente apprezzabile. Nei primi dieci minuti riesce anche ad essere intrigante. Ottima la fotografia, e la tensione comunicata da una sequenza di scene silenziose e slegate, in ordine non rigidamente cronologico. Sarà cura dello spettatore rimontare il tutto per costruire l'antefatto di una storia dalla sostanza semplice, quanto straziante e drammatica.
Benicio Del Toro, un ex galeotto, investe con un fuoristrada il marito di Naomi Watts e le sue figlie. Il cuore del marito viene trapiantato a Sean Penn, che comunque è gravemente malato, e quasi certamente ospiterà il nuovo cuore solo per prolungare le sue sofferenze. Naomi Watts pensa bene di andare da Sean Penn, che gira per la casa con le flebo e i tubicini nel naso, e di farci anche un pò di petting. Frattanto Benicio Del Toro, avanzo di galera e fanatico religioso, proprio non riesce a capacitarsi di tutte le cose brutte che ha combinato nella vita.
A parte la fotografia e la presenza di buoni attori, questo film riesce ad unire come non mai, una retorica stucchevolmente pedante, ad un tragicità inutile e faticosa per lo spettatore. E' di quella roba che lascia il pubblico in uno stato di fissità tale, che all'uscita della sala non ha neanche voglia di commentare quello che ha visto.
Mi fa piacere recensire oggi questa pellicola, perchè di solito la visione del momento subisce l'effetto subliminale dei messaggi pubblicitari ('21 grammi... oh!.. che poesia...') e trae in inganno il pubblico con il ricatto morale del dramma, quasi che a parlare male del film, si abbia mancanza di rispetto nei confronti dei temi trattati, per un assurda legge transitiva. I classici mezzucci insomma, di tanti sceneggiatori nostrani, per garantirsi un minimo di favore critico, propinando baggianate clamorose.
L'astro nascente della 'cinematografia di autore' Alejandro González Iñárritu (dovrebbe trovarsi uno pseudonimo!.. no scherzo...) dovrebbe rivedersi 'Debito Di Sangue' di un regista dalle pretese 'evangeliche' molto più modeste che si chiama Clint Eastwood. Qui il tema del trapianto di cuore è trattato senza ipocrisie, e senza noia; certo, ha una struttura bio-etica meno articolata e pretenziosa, il lavoro citato non è certo questo gran capolavoro, ma il cinema deve saper parlare al cuore (scusate il bisticcio) senza ammorbare inutilmente.
Per le tragedie e i musi lunghi ipocriti ci basta Cucuzza.
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