CONTIENE SPOILER (non tanto sulla trama quanto sulle scene)
Esistono film brutti, film così così, film belli. Film bellissimi, perfino.
Poi esistono i capolavori e il Faust di Sokurov è, a mio modesto parere, quasi un capolavoro.
Faust, il personaggio che lo interpreta, somiglia a Ralph Fiennes, solo più rozzo e corpulento. Il diavolo, il personaggio che lo interpreta, somiglia a Mr Burns, quello dei Simpson, sì proprio lui, e gli somiglia molto.
La storia la sapete, Faust vende l'anima al diavolo, il contratto firmato col sangue eccetera.Il film però, è una libera rivisitazione dell'opera di Goethe. Il film è permeato da una fotografia livida, da un atmosfera opprimente, scomoda. Come se ciò non bastasse, ogni tanto l'inquadratura si fa, volutamente, sghemba e sfocata.
Cosa racconta il film?
Racconta sostanzialmente dell'incontro tra Faust, un medico, e il diavolo, un usuraio. Faust è povero, non ha un soldo, non ha da mangiare, eppure non è questo che lo tormenta. Faust è alla ricerca del senso della vita, ma è inquieto, irrequieto, eppure rassegnato, malmesso, confuso, affamato.
E il diavolo com'è?
Un diavolo così, personalmente, non l'avevo mai visto.
Dimenticate l'icona del diavolo astuto, elegante, baffuto, o con le unghie lunghe e laccate di De Niro in Angel heart.
Dimenticate il diavolo parlone e spiegone di Al Pacino dell'avvocato del diavolo.
Dimenticate anche il diavolo malefico classico, creatura infernale, il demone de l'esorcista o il diavolo conquistatore della terra incarnato nell'anticristo di turno.
Questo, signori, è quanto di più vicino all'essenza stessa del male.
Questo diavolo è la rappresentazione del caos, del disordine, è l'incarnazione di tutto ciò che può essere interpretato, senza dubbio di smentita, come sbagliato, anche nell'aspetto fisico, ad un certo punto il diavolo si denuda completamente ed è un mostro deforme, senza organi genitali e con un accenno di coda caprina attaccata all'osso sacro.
Il diavolo usuraio è un vecchio ridanciano e gaglioffo, caracollante e disordinato.
Energico, pasticcione, impiccione, furbo, curioso, cospiratore, maldestro.
Allegro, ciarliero, inesorabile, un fenomeno, che per dissetarsi beve la cicuta.
Durante tutto il film, Faust e il diavolo non fanno altro che passeggiare, ma non è una passeggiata lungo mare col cono gelato in mano.
È un girovagare scomposto e frenetico, senza una meta apparente, col diavolo esagitato che sceglie il percorso sul momento andiamo di qua dice ogni tanto, e gesticola teatrale, conduce lui, vigile urbano spettrale.
Dunque non è una passeggiata, è un percorso strampalato per le vie della città, per le tavernacce sudicie, oppure in chiesa, perché magari al diavolo scappa la cacca.
E intorno ai due un'umanità miserabile, appiccicosa. Dico appiccicosa perché un'altra cosa particolare del film è che ci sono più volte dei contatti fisici tra Faust e il diavolo, o il diavolo e i popolani, o i popolani tra di loro. Non sono contatti sessuali, è come se si incastrassero tra di loro, come fossero compressi in un autobus durante l'ora di punta. Tutto ciò accresce il senso di disagio, di scomodità, di precarietà.
Naturalmente durante il cammino i due parlottano, discutono, filosofeggiano, ma non più di tanto in fondo. Non sono i dialoghi che t'inchiodano alla poltrona, sono loro due, Faust e il diavolo, il loro andare, il loro legame, sì un legame indissolubile, il diavolo non molla mai Faust.
Un'angelica fanciulla, intorno alla quale il diavolo ordisce dapprima un piano del tutto degno di lui, un piano diabolico, sposterà inevitabilmente l'ago della bilancia.
Faust perderà la testa per lei, la testa e l'anima.
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