Non sapevo nemmeno esistesse. L’ho incontrata per caso, mentre cercavo un altro disco segnalato su queste pagine. E devo ammettere che sono stati il nome del compositore e il prezzo (una volta tanto “ragionevole”, € 12,50) i primi motivi d’interesse.
Poi, però...
L’ascolto del disco, che raccoglie alcune interpretazioni di Alessandra Celletti di brani di Philp Glass, ha confermato una sorta di premonizione che mi ha portato, mentre osservavo la copertina e scorgevo i titoli, ad immaginare non fosse la reiterazione (pur inevitabile cimentandosi con simile materiale) il centro focale della prova di questa pianista romana, quanto la ricerca timbrica, il colore di un suono capace di portare in evidenza le conseguenze melodiche ed emozionali delle composizioni scelte. Brani estrapolati da una vasta discografia senza l’intenzione di rappresentarne i vertici né gli episodi più significativi ma con l’esplicito intento di "suonare quelle musiche che maggiormente arrivano al cuore*".
E l’intento, per quel che mi riguarda, è felicemente conseguito, nello snodarsi dei 47’17” delle 9 tracce che compongono il disco, attraverso un’accurata esecuzione che lega fluidamente i caratteristici moduli ritmici e melodici del compositore americano e ne pone in risalto l’attitudine evocativa, la natura a volte ipnotica e in altri casi estatica.
L’apertura, tautologicamente destinata ad “Opening”, (1989) cattura immediatamente l’ascolto e le successive Cinque Metamorphosis (1989) non lasciano la presa, conducendo, attraverso due brani tratti dalla splendida colonna sonora del film “The Hours” (2002) a quello di chiusura, Modern Love Waltz, composto da Glass nel 1977 e che qui rappresenta, egregiamente, la natura più nitidamente “matematica” delle sue strutture compositive.
Pur ritenendo fondamentali e significative, nell’opera di P. Glass, soprattutto le produzioni della prima parte della carriera, segnalo questo disco, oltre che per le indubbie qualità di esecuzione di Alessandra Celletti (anche autrice di regie video e opere multimediali) per la possibilità che risulti utile ad avvicinare coloro che non hanno ancora avuto occasione di farlo ad autori e musiche degne di grande attenzione. Chi invece conosce l’opera del musicista statunitense avrà modo di apprezzare, attraverso questa esecuzione, sfumature e accenti, se non sempre inediti, felicemente raccolti in un unico pregevole disco.
Nella discografia di Alessandra Celletti segnalo, inoltre, la presenza di altri due cd, realizzati per la medesima etichetta, la KHA records, nei quali si cimenta con autori del ‘900, “Esoteric Satie” e “Black baby”, rispettivamente dedicati alle musiche del “mammifero” francese e del re del ragtime Scott Joplin. Scelte interessanti, come interessante pare essere il percorso compiuto sinora dalla pianista e compositrice romana, non privo di rimandi e suggestioni storiche e letterarie. Una certa curiosità suscita, infine, la notizia dell'uscita, prevista per ottobre, di un disco a nome Pinky Lizardbrain che raccoglierà gli esiti di un incursione nel pop che la Celletti ha compiuto in compagnia dell’artista concettuale e performer svedese Paulina Wallenberg Olsson. Staremo a sentire.
Per intanto un piccolo consiglio: se avete occasione di farlo, consentitele di giungere al vostro cuore, una volta lì pare saper cosa fare...
* Da un’intervista apparsa in Biblio-net © Copyright 2004 - Biblio-net.com
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