Quando alla fine del 1800 i fratelli Lumiere aprirono al pubblico la visione della prima pellicola cinematografica, gli spettatori, vedendosi arrivare un treno addosso iniziarono ad urlare, fuggire ed imprecare per una morte improvvisa. Dopo la "tempesta", la pace. Il silenzio, la tranquillità e lo stupore. L'uomo, conscio di ciò che era successo si lasciò cullare dalla dolce meraviglia filmica. Griffith e Chaplin prima, Kubrick e Lucas poi, portarono il pubblico nei più profondi meandri dell'universo. Kubrick specialmente anticipando l'ascesa dell'uomo sulla luna di due anni con 2001.
Nella seconda metà degli anni '90 Cameron ebbe un'idea geniale (tutta sua?) ma troppo avanti per le tecnologie del periodo, e quindi inattuabile. Si dice che i produttori avessero rifiutato l'idea non tanto per l'ingente somma di denaro ma anche per la poca affidabilità del regista che per la prima volta lavorava ad un progetto di simili dimensioni. Si dovette "accontentare" di produrre un film meno costoso (pur sempre faraonico), girarlo, sbancare il botteghino e vincere 7 oscar con il Titanic, film record d'incassi in tutta la storia del cinema. Ma il film che tutti noi aspettavamo è uscito, il film del 2010, il più costoso, il più chiacchierato e c'è chi dice il più bello di sempre. "Avatar". L'ultimo colossal di Cameron ha lasciato tutti, me compreso, a bocca aperta; le nuove tecnologie scese in campo, anticipano solamente il nuovo cinema del futuro, che interloquirà con lo spettatore non più solo emotivamente ma anche fisicamente. Un viaggio nel bellissimo pianeta di Pandora, pianeta incontaminato molto simile alla Terra precedentemente all'arrivo dell'uomo, tra sterminate foreste e splendide montagne sospese nel vuoto, pianeta colorato da una fauna in continua evoluzione e abitato dalla popolazione indigena, umanoidi di colore blu.
Il fascino del film, tuttavia, non sta solamente negli effetti speciali e nella fantasmagorica guerra finale, perfetta e terribile; ma nella bravura di Cameron nello scavare nella morale umana e nell'analizzare una società in crisi, ormai completamente assuefatta dal capitalismo e dipendente dallo sfruttamento delle risorse sia naturali che artificiali per non accorgersi di aver scoperto un giacimento molto più importante di quello minerario bensì il giacimento dell'essere vivente, il giacimento della vita. Processo descritto dal regista come analogo alla colonizzazione Americana (motivi religiosi), e alla spartizione tra paesi europei dell'Africa e Oceania (motivi economici), per non dimenticare l'attuale disboscamento della foresta pluviale. Il crollo dell'immenso "albero-villaggio" simboleggia il più basso punto ormai raggiunto dall'etica umana, un essere umano capace di uccidere migliaia di vittime innocenti con la stessa tranquillità di quando si fa un pic-nic in campagna. Il regista ci ha già abituato in passato ad analisi di questo tipo con delle scene affini, dopo il naufragio del Titanic le scialuppe dei nobili si rifiutano di tornare indietro dai dispersi per non bagnarsi le scarpe.
Ma paradossalmente Cameron ha girato un film chiedendo un prestito di qualche centinaia di milioni alle banche della costa occidentale per descrivere la terribile situazione coloniale e per dare insegnamenti ecologici che le grandi multinazionali Hollywoodiane in primis dimenticano e tralasciano volentieri. Uno dei registi più discussi di questi anni che hanno accompagnato la fine del vecchio millennio e l'inizio del nuovo si presenta come un anticonformista pacifista; sono diverse le occasione sfruttate dal regista per evidenziare quanto la guerra sia conseguenza di odio ed ignoranza. Lo stesso protagonista Jake Sully, presentato da stupido ed ignorante, imparando a conoscere la razza aliena e aprendo il suo cuore, apre anche la sua mente uscendo dall'ignoranza e imparando ed essere obiettivo, un cosmopolita che all'inizio della pellicola esordisce con: "Speravo con le armi di portare la pace, e con la guerra di insegnarla, ma mi sbagliavo...".
Non si è mai visto un film del genere, è l'alba di una nuova era, un'era che ci costringe a spostare lo sguardo dalle 2 dimensioni per immergerci nello spazio.
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