Anche stavolta il Ducoli ha colpito. Ce l'ha fatta di nuovo il menestrello di Breno a radunare intorno a sé una vera squadra di fuoriclasse per approntare questo disco. Facile, direte voi, facendosi coadiuvare da gente come Ellade Bandini (batteria), Max Gabanizza (basso), Giorgio Cordini (bouzouki), Michele Gazich (violino), Mario Stivala (chitarre), Mirko Sprafico (percussioni), Andrey Kutov (pianoforte), Valerio Gaffurini (hammond e programmino) ed Eugenio Samon (tromba). Ma se non hai le canzoni puoi assoldare chi vuoi che rischi fortemente di non andare da nessuna parte. E invece il Ducoli le canzoni le ha, eccome. Oltretutto sono pezzi che, con questi arrangiamenti perfetti e tirati a lucido, funzionano alla grande.
Già l'inizio rimanda subito al sound del mai dimenticato Bacco il Matto, con quell'incisivo riff di chitarra che cattura subito e il cantato a metà fra il sornione e il sussurrato. E' un grido di libertà, "La malura". Io trovo una certa affinità tra "dobbiamo valutare meglio, ancora, prima che decidano loro ogni volta" e "continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?".
Poi il Ducoli va sull'estremamente personale "I miei cento difetti", una ballata molto pianistica, e qui Kutov fa la parte del leone.
Ancora atmosfere fumose da jazz club un po' caposseliane (e qui non me ne voglia il Ducoli), con un pezzo quasi da carillon, "Una Silvia".
Il cantato di Alessandro Ducoli continua a migliorare di disco in disco e lo fa con un piglio da "cattivo per necessità" come dice lui (si ascolti "Una nuova città").
Ne "Il mulo" tornano a farsi notare i riff chitarristici, con un grande assolo finale.
"La cinciallegra" è un brano poetico e dall'atmosfera sognante, mentre il riferimento artistico del disco è il pittore Antonio Ligabue, a cui viene dedicata la bellissima e jazzata "Il Laccabue".
Un bello sguardo sugli esseri umani in generale, visti come "Piccoli animaletti", eseguita con la collaborazione di un coro di bambini, i "Piccoli Animaletti" diretti da Barbara Bellotti, che partecipano anche a "Rattus" (composta da Kutov).
Ogni tanto in Ducoli salta fuori la malinconia amorosa che qui si palesa in "Un germano irreale", pochi e delicati tocchi di chitarra acustica e voce triste.
"Dialogo di guerra", con un meraviglioso violino di Michele Gazich, è dedicata ad Ilaria Alpi (la giornalista morta in un agguato in Somalia nel marzo 1994).
"Sopra il davanzale" è, per il momento, la mia canzone preferita del disco (se la gioca con "La malura" e "Una nuova città").
Una puntina di tex-mex in "Il carro", poi la già citata "Rattus", e a concludere l'album c'è una filastrocca in dialetto camuno, "Le renne sulla neve perenne".
E smettetela di dire al Ducoli, "Dovresti fare meno dischi e più curati" o altre amenità del genere. Tanto lui non vi ascolterà. Anche perché la cura e l'attenzione che lui e il suo gruppo di fuoriclasse hanno messo in "Piccoli animaletti" raramente si nota negli attuali dischi italiani.
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