Non resteranno delusi i numerosi ammiratori (tra cui il sottoscritto), dell'arte di questo compositore tra i più schivi e solitari dell'intero panorama musicale internazionale. "La legge del continuo mutamento", nuovo affascinante capitolo del percorso artistico e professionale di Alessandro Esseno, compositore e pianista con all'attivo una produzione di opere non indifferente, oltre ad una discografia sempre di alto profilo, iniziata nel 1990 con la pubblicazione del primo album. Disco questo "La legge del continuo mutamento" che andrebbe ascoltato più che raccontato o spiegato: impresa impossibile e al tempo stesso inutile. Alessandro Esseno ha fatto del suo rifiuto di apparire sui giornali specializzati o in televisione (tranne rarissime eccezioni), il suo punto di forza; il risultato è un distillato di musica allo stato puro. Quello che ci consegna è un affresco sonoro immaginifico in cui eventuali punti di contatto con altre esperienze sonore sono ormai evaporate, per lasciare il posto ad un tipo di musica non etichettabile e di conseguenza di una originalità formidabile. Dotato di una tecnica pianistica impeccabile, quest'ultima viene sempre messa al servizio della comunicativa e mai fine a se stessa. In questo ormai la distanza tra Esseno e altri pianisti italiani modaioli è siderale. Realizzato con l'apporto di ottimi musicisti inglesi, tedeschi e italiani, il disco ruota intorno al concetto di energia, sia essa di natura positiva che distruttiva. Concetti facili a dirsi a parole, meno da realizzare con suoni e rumori. Dopo il concept album del 2006 "La Terra non finisce all'orizzonte" e i tasti del pianoforte del 2010 di "Pictures", Esseno (supportato da una ricerca sonora non indifferente), ci conduce in territori incontaminati e purissimi fin dall'iniziale "Una luce senza ombra (all'inizio di ogni cosa)", perfetto all'interno di un film di Terence Malick, per cambiare poi bruscamente traiettoria in altri brani crudeli e violenti come "Un mondo profondamente ingiusto", vero manifesto musicale contro l'indecenza delle cosidette "guerre giuste". Nessuna guerra potrà mai essere né giusta né santa. Picco assoluto dell'album raggiunto nel brano "Un vuoto incolmabile", quintessenza di esperienze crimsoniane (le migliori), dove lo spirito dei 70' rivive aggiornato ai tempi nostri in forma 2.0. Echi di di flauti alla Ian McDonald o addirittura Gabrielliani riescono a regalare un emozione come personalmente non ricordavo da tempo.
Da brividi la rivisitazione dell'Inno di Mameli operata da Esseno nel brano "Una nazione smarrita", dove l'arcinoto e retorico inno nazionale ad un certo punto si "rompe" elettronicamente, per lasciare spazio a fasce sonore che producono in chi ascolta un senso di estraneamento e disorientamento assoluto: da manuale.
Grandi emozioni, sensazioni fuggevoli ed eterne al tempo stesso. Musica per palati raffinati quella di Esseno. Una forma di arte che ci parla del contrario esatto di quello che ci viene imposto con violenza gratuita dalla mattina alla sera. In questo disco non troverete tracce di Fattori X o Amici di vattelapesca, nessuna biscroma di cd da cestone o di culi e tette attaccati alle telecamere di Mtv.. Semplicemente l'esatto contrario. Eppure di una aderenza assoluta con la realtà dei giorni nostri. Una artista concreto come pochi ma scevro di ogni tipo di retorica o ipocrisia. Un tipo di musica che fotografa il fallimento del genere umano, eppure con al suo interno la possibilità di un riscatto da parte dello stesso. L'annuncio di un cambiamento epocale in corso. L'attesa di una nuova generazione di esseri umani in grado di dire di no alla corruzione delle coscienze. Tutto questo in un album sorta di vademecum musicale degli anni che verranno, come recita un altro brano topico del disco "Dopo il diluvio". Dopo il disastro aggiungo io. Ma Esseno và oltre. Dal futuro arriverà una speranza. Ma non sarà la bellezza a salvare il mondo come faceva dire Dostoevskij al principe Myskin, bensì l'amore. Come Platone e Dostoevskij che aborrivano questo mondo, preda della bruttezza, Esseno non ha rinunciato a credere nell'oltremondo della bellezza attraverso il veicolo della musica. Rispetto dunque e ammirazione per un artista autentico e la sua arte senza tempo.
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