La cosa che può intrigare quando si ha di fronte un artista come Britti è che, conoscendo le sue innate doti di chitarrista, si spera sempre possa fare quel fatidico passo in avanti verso un disco finalmente maturo.
Questa volta l'occasione era grossa: 4 anni di silenzio, un disco assai suonato in mezzo (Unplugged MTV), e una serie oramai esaustiva di tormentoni, estivi e non, oramai alle spalle.

Niente di tutto questo.
Il disco già dal titolo mostra evidenti pecche innovative e concettuali: .23 perché, Britti, nato il 23 appunto (di un lontano Agosto romano) avrebbe capito finalmente che bisognerebbe puntare su "se stessi".
Davvero poco convincente. Quasi buffo
Il disco - registrato in analogico, e suonato da musicisti che sanno bene la loro - ha molte pecche, sia nelle melodie (il ritornello di Buona Fortuna sembra più una filastrocca di bassa leva) che nelle tentate antitesi (amico lontanissimo / che stai vicino a me).
La parte luminosa del disco è in gran parte data dalla chitarra del musicista romano (il cambio armonico di "Piove" è quantomeno da sottolineare, così quanto l'assolo finale di "Buona Fortuna"), insieme al brano conclusivo del disco e ai 3 testi raffinati di Roberto Kunstler (già autore di Cammariere).

Poco convincente, infine, la cover di Bruno Martino, "Estate".
In un momento in cui, la cover sembra l'unica via per la felicità, io desiderei tanto che i vari Martino, Modugno, Bindi, Tenco, Ciampi, e tutti gli altri signori della musica italiana, venissero lasciati in pace.
Non è certo questo il modo migliore per tributarli e ricordarli.

Giocando con la parola Cover vorrei spendere due parole anche sulla copertina del disco: è orribilante.
Sembra buttata giù in mezza giornata, con ritagli di foto dimenticate.
Ma possibile che per inserire qualcosa in un libretto bisogna sforzarsi ad acchittarsi e fare delle foto patetiche - tutte uguali - che non hanno nulla né con l'artista in questione, né con il disco cui appartengono, né con qualcosa di seriamente valido ?

Un disco è la statua di uno scultore.
I particolari maniacali rendono il disco un qualcosa di artisticamente valido, concettualmente vivo.
Fare delle foto tanto per, riprendere vecchi pezzi (quelli di Kunstler, Britti li suonava e cantava già all'inizio degli anni '90) e inserire cover per fare gli snob o perché oggi va di moda tributare i sessanta: beh questo non è fare un disco.
Un disco importante poi; importante perché vi si spendono soldi. Anzi soldoni.

Ah! Se altri artisti avessero (avuto) questi soldi per creare un disco chissà oggi cosa ascolteremmo...


Britti ha scritto cose notevoli nella sua carriera.
Potrebbe diventare un buon cantautore, gli ingredienti ci sono: suona bene, ed è anche sporco tanto quanto basta; ha una voce che non infastidisce; è immune ad antipatiche somiglianze musicali con altri artisti; possiede una sensibilità d'artista; e ogni tanto scrive pure cose distinte.

Ma quando la finirà di prenderci in giro ?

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