Le antologie non raffigurano compiutamente l'artista nella sua evoluzione musicale. Una manciata di brani presi qua e là dai vari dischi, rappresenta un musicista con una lunga carriera, in modo parziale. Sono benvenute se i dischi dell'artista non sono più reperibili, o se ha avuto una produzione con alti e bassi. E' il caso di "Alex Chilton - 19 Years: A Collection", una raccolta realizzata per ascoltare molti dei brani più belli della sua carriera solista, qualche cover, ed alcune canzoni incise dai mitici "Big Star".
Chi sia Alex Chilton, che cosa abbia rappresentato questa inconsueta figura di cantante, compositore e produttore, non è un mistero per chi s'interessa di rock, cercando di guardare oltre quello reclamizzato dalle grandi case discografiche. Chilton è stato quasi sempre ai confini del rock dei "million seller", ma nel vivo di quello suonato da musicisti precorritori e sregolati. Scopritore di talenti, come i "Cramps" o "Tav Falco" la dimostrazione che il rockabilly revival, non era solo quello degli "Stray Cats" o dei "Blasters". Il suo stile, evolutosi nel tempo attraverso varie esperienze, è pulsante, originale, nostalgico e progressista allo stesso tempo, non ricorda niente di già udito, caratteristico di una tradizione come quella di Memphis, ricca di storia in campo musicale. Dopo l'esperienza coi "Box Top", fondò i "Big Star", una band che anticipò d'una decina d'anni il suono degli anni ottanta. Sciolta la band, si dedicò alla carriera solista.
"19 Years: A Collection", conferma che Alex stava lavorando ad un suo stile personale, riuscendo a cogliere in pieno la lucida follia dell'artista. Chilton precedendo a modo suo le nuove tendenze, non rinnega la tradizione, rimanendo fedele al suono anni cinquanta e sessanta, dal soul al r&b, allo scarno r'n'r di Memphis, senza dimenticare il power pop. Fedele all'immagine di personaggio randagio e allo stesso tempo razionale, si produce in un rock sporco, suggestivo, con melodie deformi, lasciate decantare nel grande ventre del r'n'r. Si passa da canzoni dal suono, caotico, piacevolmente stravagante come "Make A Little Love", a "Bangkok", pervasa di tagliente ed anarchica energia, alla Barrettiana "Kanga Roo", stralunata e psichedelica, al country rock di "Free Again", fino alla triste melodia di "Holocaust". Non mancano alcune cover, da "Volare" cantata (male) in italiano, o "With A Girl Like You" dei "Troggs". Un disco ideale per conoscere un grande personaggio, tuttora semi-sconosciuto, un artista tanto geniale quanto modesto. Chilton non è mai diventato una star, perché incapace di gestire il successo, o forse, era estraneo alle leggi che regolano lo showbiz. Per capire il personaggio, è significativo il fatto che nei primi anni ottanta, amareggiato da situazioni negative, aveva preferito fare il lavapiatti in un ristorante.
Carico i commenti... con calma