Io i pagliacci non li ho mai sopportati. Poveri diavoli costretti a far ridere umiliandosi in pubblico. Non mi hanno mai divertito, anzi, ho sempre provato un velo di tristezza nei loro confronti.

Questo "Ballata dell'odio e dell'amore" è un film che, attraverso la vita disperata di un clown, ripercorre alcuni tragici momenti della Spagna novecentesca, come l'avvento del fascismo di Franco, la guerra civile e l'attentato ai danni del presidente Blanco, nel 1973. I fatti citati fanno da sfondo ad una storia malata, grottesca e cruenta, in cui amore e odio sono estremizzata fino alla follia.

Alex de la Iglesia ha sfornato un'opera sorprendente, ricca di humor nero, violenza e romanticismo maniacale; un'opera particolarissima, molto difficile da collocare in un genere preciso. Guerra, commedia nera, thriller psicotico e dramma convivono perfettamente in questo film. A tenere in piedi il tutto è la brutalità: ogni cosa è eccessiva ed esasperata, un vero e proprio cannibalismo di immagini.

Una storia d'amore a "la bella e la bestia", solo che qui le bestie sono 2: Javier, il "pagliaccio triste", timido e introverso, del tutto incapace di far ridere; e Sergio, il "pagliaccio divertente", amato dai bambini, ma prepotente e violento una volta tolto il naso rosso. L'oggetto del desiderio è la splendida Natalia, un'acrobata dolce e puttana, una vergine Maria bisognosa di un angelo della morte.

Della trama non aggiungo più niente, dico solo che i momenti memorabili sono parecchi, con almeno un paio di scene da antologia: la surreale guerriglia iniziale, in cui il protagonista è un clown armato di machete; e il drammatico finale, un disturbante crescendo di lacrime e risate tra due folli sfigurati.

Un manicomio ambulante di freaks, che da un tendone colorato si espande a tutta la Spagna, a tutta l'Europa, a tutto il genere umano.

Un circo di pazzi, capaci di amare e distruggere.                                                           

Amare la morte e odiare la vita.

Un circo di pazzi.

Noi.

 

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