In copertina un unicorno in una luce soffusa, un bosco, poi arcobaleni scozzesi (?), la mitologica donna della primavera, guaine bagnate, i distruttori di stelle; una quantità di sintetizzatori, campanelli, strati di rumore, sovrapposizioni di voci, melodie velate, archi compressi, esplosioni impreviste, nuvole di elettronica e cavalcate a ritmo kraut: una perla grezza rimasta in disparte.

Sono gli Alex Delivery, quintetto da Brooklyn al loro esordio con questo Star Destroyer: ed ecco, coperti dall'intelaiatura di elettronica distorta e rumore, squarci melodici pieni di nostalgia, aperture poetiche come raggi di luce, parentesi di silenzi: avant-noise/progressive-pop, hanno detto. In fondo a tutto, la melodia, come nei passaggi di Rainbows, nella struggente coda degli archi affannati di Milan, nel dolente valzer sommerso nelle deflagrazioni di Scotty.

Sheath-Wet è l'episodio più compatto e elettronico, 11 minuti di trance continua, sostenuta da una superficie di denso ritmo visionario che si sfalda infine nella dolcezza di Vesna, luminosa e chiara come una mattina di primavera, canto toccante a doppia voce in una preziosa cornice di tastiere.

La musica volge al  termine, il corteo fatato sfila davanti ai nostri occhi e scompare dietro l'angolo: è stato (solo) un sogno?

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