"Un tempo la gente era convinta che, quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti; a volte però, accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose che l'anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l'anima perché rimettesse le cose a posto. "
Oltre la metafora della vita, al di là della vita stessa nel regno delle nostre illusioni più sotterranee. L'universo in cui ci catapulta questa fiaba dark è fatto di mondi paralleli dove, a disegnare la via maestra non è il solito e banale sentiero d'amore noir, ma un malinconico labirinto sui più cupi meandri della brutalità umana e della vendetta al lume dell'eterno conflitto tra Eros e Thanatos.
Ispirato dalle omonime vignette di James O'Barr che nei primi anni Ottanta per cercare di esorcizzare una tragedia personale (la sua ragazza fu uccisa da un camionista ubriaco), creò questo antisuper eroe vulnerabile (anche se l'adattamento cinematografico ne ha determinato modifiche talvolta non marginali), il film diretto da Alex Proynas racconta la storia di due giovani prossimi al matrimonio, che nella "notte del diavolo", rimangono assassinati a seguito delle scorrerie di una banda di teppistelli locali. Un anno dopo la tragedia, Lui torna alla vita, traghettato nel marciume umano dalle ali ultraterrene del Corvo (l'iconografia de Il Corvo trae linfa vitale da uno dei poteri attribuiti ai pennuti della mitologia classica, quello di essere "psicopompi" figure, cioè, incaricate di accompagnare le anime dei morti nell'aldilà o di restituirle alla vita, quando la rabbia per le ingiustizie subite estirpi loro la pace del sonno eterno).
E così, nell'ambivalenza della sua "nuova realtà" ritroverà la sua piccola amica Sarah, e tramite un coscienzioso agente di polizia Albrecht, rivivrà gli ultimi momenti della straziante agonia di Shelly. A poco a poco, così, tutti gli autori di quel crimine compiuto un anno prima, cadranno sotto le ali "mortali" della vendetta ed il "viaggio" della vita ripreso solo per un frammento, finirà definitivamente per rifluire eternamente nelle braccia della sua "sposa". Non si può dire che il successo del film sia derivato soltanto da qualche particolare strutturale della regia (che pur merita grandissimo rispetto, sia chiaro) o della trama in sé e per sé (anzi, il fatto che manchino sostanziali colpi di scena, in un certo senso appiattisce un po' il registro scenico), ma al contrario se questo è diventato un cult movie, lo si deve ad una sorta di "invisibile" energia che pervade tutto il "mondo" del Corvo. Dal fulmine notturno che squarcia il volto fantasmagorico di Brandon ai funerei flashback agonizzanti, alle inquadrature languide e malinconiche dell'insistente paesaggio di tenebra (battuto secondo me solo da quelle di Batman di Tim Burton), ogni cosa, ogni singolo particolare concorre al disegno di un vero e proprio mito dai tratti soprannaturali. Il set è la vita stessa, il copione è scritto ma l'attore non lo sa. . Esiste un regista invisibile che muove i fili che separano la vita dalla morte? "schiaccia il grilletto. . un colpo e ti togli il pensiero? "
Perché, il tono ultraterreno di questo film, lo sappiamo tutti, è conferito dal decesso di Brandon sul set ad otto giorni dalla fine delle riprese; ad ucciderlo fu una pallottola sparata dall'attore Michael Massee nella prima scena in cui Eric doveva essere colpito da un'arma da fuoco. Come da copione "Funboy" (questo il nome del personaggio) inforcò una 44 magnum mirando all'addome del "Corvo" , premendo il grilletto da una distanza di circa 5 metri, (lo sparo che si vede nel film è probabilmente quello che ha veramente ucciso Brandon), nella convinzione di dare fuoco ad una pallottola "a salve". Ma Brandon crollò a terra con un lamento strozzato, mentre il sangue che usciva copioso conferiva a quella scena un tono di surreale perfezione (la leggenda narra che ci fu addirittura un applauso. . ) . Mentre tutti si mossero sul set per preparare la ripetizione della scena, solo "Eric" rimase contrito al suolo. "Pensai che avesse voglia di scherzare, anche se la cosa era piuttosto strana perché sul lavoro Brandon era di una professionalità e di una serietà estrema", dice in un'intervista il regista Proyas. "Visto che non si muoveva, mi avvicinai a lui. Notai che la macchia di sangue continuava ad allargarsi. Troppo liquido rossastro, per essere solo quello contenuto nel piccolo contenitore di plastica che Brandon avrebbe dovuto rompere simulando il ferimento e la caduta. Mi chinai, toccai con il dito quel liquido. Era tiepido e denso, come sangue? Sangue vero? Sul set cadde un silenzio di morte. La prima persona ad intuire il dramma fu Eliza Hutton, fidanzata di Brandon (avrebbero dovuto sposarsi appena finite le riprese del film) che faceva parte del cast in qualità di assistente alla produzione. Lanciò un urlo e si precipitò verso Brandon, mentre io mi rendevo conto che respirava debolmente e che le sue condizioni dovevano essere gravi". . Brandon venne ricoverato d'urgenza al più vicino ospedale e nel suo stomaco fu trovato un corpo metallico che gli provocò dei danni notevoli ed una emorragia interna. Morì il 31 marzo del 1993 al New Hanover Regional Medical Center. Fu sepolto vicino la tomba del padre Bruce Lee nel cimitero di Lakeview (Washington). Come tutti sapranno, la pellicola è stata completata grazie alle controfigure e un parziale riutilizzo del "girato" unito a tecniche di computer grafica. Non un film "qualsiasi", quindi, ma un vero e proprio film (tragico) nel film, in una realtà che presa da sola, suggestiona più di ogni altra fantasia alternativa.
Di più; tutta la filosofia del film si pone in una logica esattamente opposta al concetto di miracolo: anzi io lo chiamerei "smiracolo". Se un miracolo è un avvenimento benefico imprevedibile ed inspiegabile, allora quello che è accaduto in questa pellicola ne rappresenta l'esatta antitesi. Il perché ce lo dice Brandon, nell'ultima intervista rilasciata sul set dove ci spiega la filosofia del Corvo" Nel film vedo un concetto di equilibrio tra il bene e il male. Siccome non sappiamo quando moriremo siamo portati a pensare alla vita come ad un pozzo inesauribile, eppure ogni singolo fatto accade solo per un certo numero di volte, e spesso si tratta di un numero limitato: quante volte ci ricordiamo di un certo pomeriggio della nostra infanzia, un pomeriggio che fa così profondamente parte del nostro essere, senza il quale non riusciremmo nemmeno a concepire la nostra esistenza, forse quattro, cinque volte, forse anche di meno. Quante volte vediamo sorgere la luna piena, forse venti, eppure tutto ci sembra senza limite. "Le piccole cose per Shelly contavano così tanto, io le giudicavo insignificanti ma, credimi, niente è insignificante " : è questo il punto di vista che adotta il personaggio per tutta la durata del film, poichè si rende perfettamente conto di quanto sia importante ogni istante della sua nuova vita". Non credo esistano parole capaci di spiegare meglio di queste il concetto di "immedesimazione".
Così termina questa favola dark, con la morte reale del suo protagonista, che doveva sposarsi nel film e doveva sposarsi nella realtà, che è stato maledetto nel film e lo è stato ancora di più nella realtà e con una rabbia finale che attanaglia tutti i suoi spettatori. E a malapena smorzato nel cuore degli osservanti, il desiderio che un giorno il protagonista ripercorra quel viaggio prematuramente abbandonato, diventa sempre più insistente e sempre più vero? Un tempo si diceva che la morte di un giovane sia un naufragio, mentre quella di un vecchio sia l'approdo ad un porto; purtroppo il mondo ha in parte cancellato anche questa regola, la spettacolarizzazione ha il proprio prezzo e, anche la tragica morte di un ragazzo ventottenne può avere un effetto scenico e rievocativo superiore alla tragedia del fatto stesso. Il consumismo che da scacco alla morte? non è (né potrebbe mai essere) uno scacco matto, ma a molti va bene così. .
Del resto tutta la vita è uno spettacolo fatto di scene alterne, dove la morte non rappresenta altro che un sipario non sempre annunciato. Il proscenio sbiadisce, l'esistenza svanisce, ma nell'auditorio rimane il ricordo? Questa credo sia la vera forza di "eventi" come il corvo: "Se le persone che amiamo ci vengono portate via, perché continuino a vivere, non dobbiamo mai smettere di amarle. . ". Speculazioni a parte, questa verità non ammette confutazioni, anche al di là di una pellicola?
Sempre dall'ultima intervista: "Non so se fosse destino che interpretassi questo ruolo, ma mi sento molto fortunato ad averlo fatto? " Attore fino in fondo, Brandon?
Perché non si dimentichi?
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