Si rifà vivo, dopo ben 6 anni di assenza, il menestrello albionico Alexander Tucker. Lo fa pubblicando questo “Don't Look Away”, che chiude una trilogia iniziata con “Dorwytch” del 2011 e proseguita l'anno successivo con “Third Mouth”. Nel mentre il nostro non è stato propriamente in stand by artistico, avendo partecipato al progetto strambo pop “Grumbling Fur”. Cantautore sui generis Tucker, dotato di un timbro vocale particolare e tendente alla nenia, caratteristica che può essere sia valore aggiunto che motivo per cui evitarne ulteriori ascolti. Allo stesso modo la sua musica segue tale ondivaga analisi: a volte autore di brani acustici ipnotici e bellissimi, oppure di mantra sulla scia del krautrock, mentre in altri frangenti indulge in nenie circolari rese ancora più pesanti da un cantato dimesso e monocorde.

Quale versione di Tucker porta con sé questo “Don't Look Away”? Un bel mix delle tendenze sopracitate, con un lato melodico più sviluppato, arrangiamenti più curati e una minore dose di acidità. Esemplificative in tal senso le tre tracce di apertura: la bellissima melodia che caratterizza Objects”, a cui fa seguito il folk quasi pastorale di “Sisters And Me” e la ballad elettroacustica “Visiting Again”.

Laddove “Citadel” lambisce territori da classica, con archi e pochi arpeggi accennati, “ISHUONAWAYISHANAWA” (no non mi è impazzita la tastiera, il nome della traccia è questa, maiuscole incluse) spinge sull'arpeggio circolare molto ipnotico e “Gloops Void (Give It Up)” va oltre, utilizzando nastri al contrario e campionamenti per 5 minuti scarsi di piccolo viaggio nel proprio Inner Space.

Bentornato Alexander!

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