Algernon Blackwood (1869-1951) è, indubbiamente, uno dei maestri del weird classico. La sua produzione, pregna di un autentico e alieno terrore spirituale, è di grande livello e meriterebbe maggior diffusione al di fuori della ristretta cerchia degli amanti del weird-tale e dell’ignoto.
Nativo del Kent, si trasferì in seguito in Canada e negli Stati Uniti per dedicarsi al giornalismo e al commercio. Fortunatamente, una volta tornato in Inghilterra, decise di dedicarsi al racconto dell’orrore.
La sua figura è stata degnamente celebrata in importanti studi sulla narrativa del terrore: H.P. Lovecraft, nel suo ormai classico Supernatural Horror in Literature, ne parla in termini estremamente lusinghieri e si spinge fino al punto di eleggere I Salici quale miglior racconto nella storia della letteratura del soprannaturale ma cita anche Il Wendigo come un altro dei vertici della sua narrativa.
Ancora maggiore spazio gli dedicherà Peter Penzoldt nel suo purtroppo inedito in Italia The Supernatural In Fiction (se si eccettua la traduzione di un capitolo su Machen tradotto da Claudio De Nardi nell’edizione Fanucci de I tre Impostori dell’autore gallese).
Infatti, il capitolo finale di questo importante studio esamina in modo approfondito l’opera di Blackwood e il libro stesso è a lui dedicato con grande ammirazione.
Va segnalato come lo stesso Penzoldt riferisce che Blackwood conosceva molto bene l’opera di Lovecraft ma che non ne era molto entusiasta, in quanto a suo avviso mancavano, negli scritti del solitario di Providence, le qualità di genuino “spiritual terror” che caratterizzavano invece la sua opera. Col senno di poi si può dire che oggi l’opera di H.P. Lovecraft è invece molto più conosciuta di quella di Blackwood senza per questo nulla togliere alla sua figura.
Già Fruttero e Lucentini, nell’introduzione alla storica e pionieristica in Italia antologia Storie di fantasmi, trovavano i suoi racconti “disperatamente invecchiati”. Si tratta di un giudizio a mio parere ingeneroso: a distanza di tempo alcune delle sue opere migliori non hanno perso nulla del loro genuino “terrore spirituale”.
Un esempio calzante della sua particolare attitudine è appunto il già citato racconto Il Wendigo che ora Adiaphora ripropone con testo inglese a fronte. Si tratta, in definitiva, di un piccolo gioello d’atmosfera dove grande importanza ha, come in altre storie “blackwoodiane”, il terrore “panico” simboleggiato da una natura selvaggia e indifferente all’uomo.
Una tematica questa che si può riscontrare nel già citato racconto-capolavoro “I salici” dove due incauti viaggiatori, sperduti su un’ostile e desolata isola Danubiana, sono costretti a fronteggiare manifestazioni terrificanti di entità aliene ostili e incomprensibili. L’oscura e agghiacciante minaccia di queste presenze di un altrove cosmico sembrano essere estranee e indifferenti alle comuni concezioni antropocentriche.
La nuova edizione Adiaphora di Il Wendigo riveste un certo interesse soprattutto tenendo conto che si tratta di un racconto molto importante e ormai difficilmente reperibile. Lo si trovava infatti in una vecchia antologia delle Edzioni Theoria – Il Wendigo e altri racconti fantastici – ormai quasi introvabile se non a prezzi astronomici nel mercato collezionistico. La veste grafica però non è, a mio avviso, molto soddisfacente.
Algernon Blackwood è oggi ricordato anche per essere stato uno dei capostipiti nell’aver dato vita alla celebre figura del “detective dell’occulto”. In questo senso, il personaggio di John Silence uscito dalla sua penna, è uno dei più efficaci di questo filone e si va ad affiancare ai vari Carnacki di W.H.Hodgson, Jules De Grandin di Seabury Queen e Harry Dickson di Jean Ray.
Fra i vari racconti di questo ciclo è indimenticabile Antiche Stregonerie, ambientato in un antico villaggio francese dove gli abitanti si trasformano in felini. Questo racconto ha successivamente ispirato Jacques Tourneur per il suo celebre Cat People. Da segnalare anche Culto segreto, ambientato in una scuola tedesca, che si avvale di un’ipnotica atmosfera diabolica con continui riferimenti ad antichi culti satanici che vi venivano praticati in tempi antichi ma che sembrano non avere ancora perso la loro influenza.
Blackwood fu membro della Golden Dawn come molti altri scrittori dell’epoca fra cui ricordiamo Arthur Machen e fu sempre interessato, come da lui dichiarato, ai poteri e alle facoltà nascosti nell’essere umano.
Oggi purtroppo, se si escludono gli studi di eminenti studiosi del fantastico come S.T.Joshi, non sembra godere della fama che meriterebbe, destino comune questo a molto scrittori del fantastico sepolto.
La presente edizione Adiaphora si avvale di un’introduzione di Matteo Zapparelli Olivetti e di una postfazione di H.P. Lovecraft tratta da Supernatural Horror In Literature.
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