Dopo la tempesta, un po' di quiete, e cosa c'è di meglio della buona musica per ritrovare la pace interiore?
Tante altre cose.

Ma le recensioni si fanno di ciò che gira nel lettore e nel mio caso si tratta un vecchio disco di Ustad Ali Akbar Khan, classe 1922, soprannominato il "Bach indiano" (anche se nativo del Bangladesh) e soprattutto una leggenda del Sarod.
Pensando che il debaseriano medio (non fraintendetemi, non vuole essere una critica) abbia piú familiarità con le Fender e le Ibanez aggiungo che il Sarod è uno strumento a 25 corde (pizzicate), con un suono che ricorda il Sitar ma anche il Dobro e il cui manico è privo di tasti per consentire l'esecuzione dei tipici "glissando" della musica indiana.

In "Journey", Ali Akbar Khan suona brani originali, talvolta un po' leggeri ma con spunti di gran classe in cui il suo meraviglioso strumento incontra armonie di indubbia origine occidentale, a questo proposito segnalo il lavoro svolto dall'harmonium indiano, discreto e avvolgente nello stesso tempo.
La ritmica è affidata come di consueto alle Tabla, in una sola circostanza (per fortuna) affiancate da una batteria. Di tanto in tanto compaiono delle tastiere ma senza che queste provochino orrore nell'ascoltatore.

Non tutti i nove episodi del disco possono dirsi "riusciti", almeno un paio di sicuro non lo sono, nell'insieme si tratta comunque di un buon lavoro. Il brano "Lullaby" è un'autentica meraviglia, benedetto sia il giorno in cui ho avuto la fortuna di ascoltarlo la prima volta, un'estasi che si ripete ad ogni ascolto.

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