Probabilmente l’ISIS rispetto allo scorso anno è un argomento che gode di meno attenzione mediatica. A partire dall’elezione di Donald Trump, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha attirato tutte le attenzioni su di sé per le sue scelte di politica interna (dove finora ha solo raccolto fallimenti) e quelle relative il rapporto con l’Unione Europea. Senza considerare le schermaglie a distanza con Kim Jong-Un.
Per quanto ne sappiamo tuttavia lo Stato Islamico continua a essere una realtà e oltre che una presenza in un’area geografica storicamente martoriata e convulsa come il Medio Oriente, anche una specie di fantasma che si aggira in tutto la regione e nel resto del mondo. Specialmente in Europa (Manchester, Londra, Barcellona...) ma coinvolgendo in pratica tutto il mondo occidentale (New York).
La questione è molto controversa e difficile da risolvere tanto quanto complessa da argomentare in poche righe per quelle che sono le innumerevoli implicazioni di carattere storico e geopolitico. Ma senza dilungarmi ulteriormente, penso di non cadere in errore se affermo che questo film di fantascienza post-apocalittica diretto dal giovane regista Ali F. Mostafa (di nazionalità UAE ma nato e cresciuto a Londra in Inghilterra) prenda spunto da delle considerazioni relativamente lo Stato Islamico e le annose e storiche problematiche in quella parte del mondo.
‘The Worthy’ (2016) ci racconta un futuro a noi vicinissimo in cui il Medio Oriente, a causa degli scontri tra gruppi fondamentalisti armati non meglio precisati (nel film si accenna a delle ‘bandiere nere’) è oramai ridotto in cumuli di macerie e a una regione dove la vita degli individui conta oramai poco o nulla. A seguito dell’avvelenamento delle acque sono morte milioni di persone e intere città sono scomparse lasciando spazio a ambientazioni che sono completamente deserte o fatte di cumuli di macerie e distruzione. Sopravvivono piccolissime comunità di uomini che organizzati tra di loro cercano di continuare a vivere secondo principi di buon senso e allo stesso tempo di proteggersi dai violenti. Domina su tutto e tutti il sentimento diffuso della paura.
Il film ci racconta le vicissitudini di una di queste comunità, che si è rifugiata all‘interno di una fabbrica che una volta era impegnata nella costruzione di ali per aeroplani e che vive lì rintanata cercando di sopravvivere a questa nuova difficile realtà. Ma come è inevitabile prima o poi anche loro sono costretti a fare i conti con la realtà e impreparati finiscono sotto attacco e preda di una spirale di violenza quando saranno chiamati, ognuno di loro, pena la morte, a misurare se stessi in una sfida senza regole. Nel film non ci sono riferimenti diretti a nessuna religione. Ma date le ambientazioni e alcune rappresentazioni, il riferimento alla città di Medina ed alcuni simbolismi, è impossibile non pensare inevitabilmente alla religione islamica e in particolare alla sua manifestazione più radicale cioè: lo Stato Islamico. Che, chiariamoci, per la verità è tanto musulmano quanto si potrebbe considerare Adolf Hitler un buon cattolico.
Esiste altresì un cosiddetto mondo islamico e comprendente anche paesi e governi che non hanno nulla a che fare con l’ISIS (così come ne esistono altri - anche nel mondo occidentale - che invece probabilmente sì) dove si pone una questione di natura culturale nel superamento di un approccio comunque radicale al dogma religioso e anche quello relativo la presenza di gruppi violenti che agiscono con interessi che con la religione non hanno niente a che fare me usando il nome di Allah in maniera pretestuosa.
Questo film non calca mai troppo la mano per quello che riguarda questo aspetto limitandosi a lasciare qualche indizio qua e là lanciare nel finale una specie di messaggio simbolico universale di fratellanza e di pace tra tutte le persone. In una ambientazione decadente e desertica Ali F. Mostafa (nome completo: Ali Faisal Mostafa Bin Abdullatif) ci racconta una storia carica di violenza cui però i nodi centrali restano irrisolti. Forse non era proprio nelle intenzioni del regista di andare in qualsiasi modo a fondo nelle tematiche trattate. Forse in fondo egli stesso ha le idee poco chiare al riguardo e su una questione così delicata e difficile.
Sta di fatto che per quanto particolare, 'The Worthy' è un film sicuramente evitabile (a meno che non siate appassionati del genere) e la cui originalità nel genere post-apocalittico sta se non altro nella collocazione geografica degli eventi. Restando in tema fantascientifico e sullo stesso tema mi permetto invece di suggerire la lettura del romanzo ‘2084’ (2015) di Boulaem Sensal che per quanto criptico e costruito tutto su di una serie di simbolismi, anche adoperando un linguaggio che attinge a piene mani dalla cultura religiosa dell’Islam, riesce perfettamente se non altro a essere suggestivo e originale allo stesso tempo.
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