Il gioco è bello quando dura poco.

Cari redattori del sito non temete, non vi prendo più per i fondelli, questa è mia: mi sembra corretto, dopotutto, che il buon miraggio si faccia carico delle sue responsabilità e spruzzi un po' d'acqua fresca sul sito per ripulirlo dal, concedetemi la parola, letame, con il quale a volte certi utenti cercano di insozzarlo.

Una recensione fresca come l'acqua, che lavi via lo sporco e conceda la possibilità a tutti coloro che la leggono di avere una giornata migliore.

Con le loro nodose dita da contadini, avvezze a strappare lembi di terra al deserto, Toumani e Farka percuotono, pizzicano e accarezzano le corde dei loro strumenti e, come d'incanto, gli spiriti accorrono; storie mitiche si dipanano; le strane creature dell'amato fiume cominciano le loro metamorfosi. Un serrato e magico, non esiste davvero aggettivo più adeguato, dialogo che dà vita a dodici pannelli strumentali di cristallina e misteriosa bellezza.
Danno ad essi un contributo estremamente discreto anche gli amici americani Ry e Joachim Cooder, già con Ali nel famoso "Talking Timbuctu", assecondando la finissima e serrata tessitura melodica creata dai maestri, ma attenti a rimanere sullo fondo. Una sorta di jam session (ma l'espressione sarebbe potuta dispiacere al povero Toure, sempre attento ed orgoglioso nel distinguere "l'albero" africano "dai rami e dalle foglie" americani) da cui emergono chiari l'ammirazione ed il rispetto reciproci, il prepotente desiderio di misurarsi nonché di verificare quanto i loro poteri di sciamani musicali, di evocatori di spiriti, escano rafforzati dall'unione delle loro incredibili doti.

Ci si vede tra i commenti.

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