"C'era sempre un volo di bestioline minute - piccoli granchi, calamari, e anche alghe leggere e diafane e piantine di corallo - che si staccavano dal mare e finivano nella Luna, a penzolare da quel soffitto calcinoso, oppure restavano lì a mezz'aria, in uno sciame fosforescente, che scacciavamo agitando delle foglie di banano."
("La distanza dalla Luna" da "Le Cosmicomiche" di Italo Calvino)

Dal cuore della Luna, simbolo ancestrale della ciclicità della vita, della fertilità e "padrona" delle acque, giungono suoni senza tempo, segni di strutture fondamentali, veri paradigmi di tutta la musica popolare, dal blues fino al flamenco.

A captarli e renderli intelligibili, con la sapienza di vecchi stregoni animisti, provvedono due musicisti del Mali, appartenenti, però, a tribù e culture differenti, il compianto chitarrista Ali Farka Toure e il virtuoso della kora, strumento tipico dell'Africa occidentale, una specie di arpa-liuto con 21 corde, Toumani Diabate.
Dal centro del Niger, uno dei tre grandi corsi d'acqua dell'assetato continente africano, le cui sorgenti, idealmente, alimentano anche il Mississippi, partono così delle vibrazioni, delle benefiche onde che si propagano superando qualsiasi barriera. Un sisma musicale, tanto lieve ed inoffensivo quanto penetrante ed inarrestabile, che ci scuote e ci ricorda, essendocene sempre più bisogno, da dove tutto è partito, qual è la vera culla della nostra civiltà e dove sono quelli che possiamo chiamare legittimamente i nostri più antichi avi.

Con le loro nodose dita da contadini, avvezze a strappare lembi di terra al deserto, Toumani e Farka percuotono, pizzicano e accarezzano le corde dei loro strumenti e, come d'incanto, gli spiriti accorrono; storie mitiche si dipanano; le strane creature dell'amato fiume cominciano le loro metamorfosi. Un serrato e magico, non esiste davvero aggettivo più adeguato, dialogo che dà vita a dodici pannelli strumentali di cristallina e misteriosa bellezza.
Danno ad essi un contributo estremamente discreto anche gli amici americani Ry e Joachim Cooder, già con Ali nel famoso "Talking Timbuctu", assecondando la finissima e serrata tessitura melodica creata dai maestri, ma attenti a rimanere sullo fondo. Una sorta di jam session (ma l'espressione sarebbe potuta dispiacere al povero Toure, sempre attento ed orgoglioso nel distinguere "l'albero" africano "dai rami e dalle foglie" americani) da cui emergono chiari l'ammirazione ed il rispetto reciproci, il prepotente desiderio di misurarsi nonché di verificare quanto i loro poteri di sciamani musicali, di evocatori di spiriti, escano rafforzati dall'unione delle loro incredibili doti.

Una musica tanto semplice nell'ispirazione e nelle intenzioni quanto complessa e densa nei risultati, che è capace di avvicinarti al Big Bang, all'attimo in cui sono sprigionate le prime melodie. Una musica potente ed ambiziosa, che Ali e Toumani pensano ed intendono nella sua funzione antica e primaria di generatrice di immagini, di strumento di comunicazione con gli spiriti della Natura. Ma anche nella sua funzione sociale, silenzioso grido rivolto al mondo affinché non dimentichi la madre-Africa, unico luogo dov'è ancora possibile sentire battere il cuore della Luna.

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