Rozzo, sgraziato, ribelle, sadico, mostruoso e a tratti orripilante, che sovente scade nel cattivo gusto: questo è il ritratto del grandioso Alice Cooper agli occhi di un profano durante i tempi di gloria della musica rock.
Sarebbe giusto ricordare che questo è in realtà il personaggio che Alice ha sempre voluto creare, in contrasto con la solita America bifronte, esempio lampante della contraddizione nella vita di ogni giorno. Con l'ausilio di strabilianti performance sul palco, ragni e serpenti, ghigliottine, impiccagioni a fine concerto e quel tocco di macabro che riesce ad aggiungere il trucco insanguinato intorno agli occhi, su un volto perennemente incazzato, Alice Cooper è riuscito a farsi odiare dall'"America bene" quasi quanto è riuscito a farsi amare dai giovani, soprattutto all'inizio degli anni '70. Anche l'idea di usare un nome di donna come monicker è del tutto rivoluzionaria: Alice Cooper era il nome di una strega vissuta durante il XVII secolo, di cui Vincent Damon Furnier crede di essere la reincarnazione, dopo aver ricevuto messaggi spirituali durante una seduta Ouija. Nel 1974 fa addirittura cambiare il suo nome all'anagrafe.
Dopo due album poco apprezzati da pubblico e critica del tempo, si apre uno spiraglio al successo con "Love It To Death" e soprattutto con il singolo "I'm Eighteen". "Killer", datato 1971 e prodotto dall'onnipresente Bob Ezrin, è l'atto immediatamente precedente all'album che segnerà la consacrazione di Alice Cooper, ossia "School's Out" del 1972. "Killer" è un album oggi considerato classico, in cui Alice Cooper continua la sua esplorazine del lato oscuro della vita, combinando un solido rock con un tagliente tocco di satira.
L'attacco è affidato ad Under My Wheels, pezzo abbastanza cattivo, con un riff molto rock'n'roll e tanto di fiati che a partire dall'assolo riempiono sempre riff e strofa. Be My Lover è un pezzo dalla parte di chitarra divenuta ormai un cliché in ambito rock. Bello il finale e il reprise rallentato. Il grande capolavoro di questo disco è senza alcun dubbio Halo Of Flies: l'intro ipnotico, che si sviluppa in temi dai ritmi differenti, e poi il chitarrone da brivido che sancisce l'inizio vero e proprio del brano, su cui il grande Alice canta in splendida forma. Da paura la parte in cui spadroneggia il bassista Dennis Dunaway, con un tappeto di archi che ben presto viene sostituito dalla batteria incalzante di Neal Smith, fino al finale folgorante. Desperado è un altro classico, dove Alice gracchia come un corvo, dedicata a Jim Morrison, morto proprio quello stesso anno. Anche qui gli archi sono arrangiati da Bob Ezrin.
You Drive Me Nervous è un altro brano in tipico stile Alice Cooper, sull'onda si Under My Wheels. Stupendo è il riff di Yeah Yeah Yeah, canzone molto allegra, in cui spicca l'armonica a dare un tocco molto americano al pezzo. Grandi polemiche ha destato ai tempi la canzone Dead Babies, ovviamente fraintesa dal pubblico americano che gridava allo scandalo, anche se in realtà è un brano contro l'abuso sui bambini. L'incedere è lento, l'atmosfera è cupa ma il messaggio comunque positivo e pienamente condivisibile. Infine un altro grandissimo capolavoro è Killer, la title-track, con i riff di chitarra ossessivamente oscuri, la voce di Alice Cooper che imperversa in ogni anfratto, e poi urli strazianti su ritmi cadenzati, una sorta di marcia funebre fatta di tastiere e batteria con Alice Cooper che recita una sorta di sermone, lasciandoci allo strambo e sgradevole suono finale.
"Killer" è dunque un album molto evocativo, che mischia uno humour a tratti macabro con le paure dei teenager, un approccio rock che tende all'hard con gli appoggi orchestrali sparsi qua e là, le parti vocali più melodiche con il gracchiare poderoso ma mai sgradevole dell'artista. Un album già molto maturo, frutto di una buona amalgama musicale, figlio di una formazione affiatata e il cui leader sarebbe di lì a poco destinato a diventare leggenda.
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