TRASH (1989, S0NY)

TRACK LIST:

01) POISON
02) SPARK IN THE DARK
03) HOUSE OF FIRE
04) WHY TRUST YOU
05) ONLY MY HEART TALKIN’
06) BED OF NAILS
07) THIS MANIAC’S IN LOVE WITH YOU
08) TRASH
09) HELL IS LIVING WITHOUT YOU
10) I’M YOUR GUN

“Trash” è il disco con cui Alice Cooper si rilancia definitivamente dal punto di vista commerciale, tornando ad ottenere il (meritato) successo di pubblico che già gli aveva arriso nella prima metà degli anni ’ 70 grazie a dischi come “Killer”, “School’s Out” e “Billion Dollar Babies” (culminato alla posizione # 1 in America nel 1974).

Regalandoci pezzi memorabili creati ad hoc per inondare l’etere, quest’opera incarna alla perfezione la seconda giovinezza del grande incantatore sintetizzando la sua ritrovata vena compositiva nell’ eclatante singolo “Poison”, una hit song presente nelle Top 10 di tutto il globo. Dopo due granitici album come “Constrictor” (1985) e “Raise your fist and yell” (1986) che potremmo definire prove generali per un capolavoro, il rocker di Detroit decide di fare le cose in grande: affiancato da artisti d’eccezione quali Steven Tyler, Joe Perry, Steve Lukather, Richie Sambora, Jon Bon Jovi e Joan Jett, il leggendario cantante dà alla luce un disco ad alta gradazione rock equamente diviso fra sferzate di irrefrenabile energia ed una propensione alla melodia veramente sopraffina. Il cocktail funziona a meraviglia e ciò che fornisce una marcia in più all’album è da ricercarsi nelle scelte stilistiche dettate dalla magniloquente produzione del demiurgo Desmond Child, senza dubbi di sorta autore e produttore principe della scena a cavallo fra gli anni ’80 e ‘90.

A distanza di quasi due decenni dalla sua uscita sul mercato possiamo individuare in “Trash” un’opera in grado di competere senza timori reverenziali con la produzione degli anni ’70 targata Alice Cooper: è proprio grazie ad alcuni slanci compositivi presenti in questo platter che la figura di Vincent Fournier ha ottenuto un rilancio importante per la propria carriera, coinvolgendo nella propria musica una generazione che rischiava seriamente di non beneficiare del suo talento. I critici musicali etichettarono il songwriting dell’album come orientato ad un “less gore more whore” (meno sangue, più sesso), notando come la scelta stilistica di Alice si fosse orientata verso tematiche più vicine a quelle trattate da glam–bands anni ottanta quali Motley Crue, Ratt e Bon Jovi, piuttosto che alla sua precedente discografia, colma di riferimenti agli horror movies. L’osservazione è opinabile, dato che il cantante aveva già percorso simili strade in album memorabili come il già citato “Billion Dollar Babies” e “Muscle of love”, ma tutto sommato appare discretamente calzante: pur non trattandosi di un campo assolutamente nuovo per lui, è innegabile che il cocker di Detroit abbia decisamente puntato su argomenti inerenti al sesso, componendo vere e proprie canzoni a tema (vedi “Spark in the Dark”, o “Bed of Nails”).
Oltre alla già citata “Poison”, “Trash” si ricorda per hits che sono entrate di diritto fra le grandi canzoni del rock: ne sono un fulgido esempio “House of fire” (impossibile non rammentarne il ritornello), le graffianti “Spark in the dark” e “Bed of Nails”, “Only my heart talkin’”, ballad dolce ed elegante, “Why trust you” e “This maniac’ s in love with you”.

Una curiosità: della sensazionale e spettacolare tournee di supporto al platter (con i Great White in qualità di opener) si ricordano due date memorabili: una alla Wembley Arena di Londra e l’altra allo Hallenstadion di Zurigo, colmo fino all’inverosimile. Gli anni sono trascorsi impietosi per molte produzioni anni ’80, ma “Trash” resta un album da possedere a tutti i costi, che ancora oggi colpisce al cuore l’ascoltatore cullandolo in un caldo e sensuale abbraccio.

(Enrico Rosticci)

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