Quando venni a sapere della reunion degli Alice in chains con William DuVall come nuovo cantante non feci di certo i salti di gioia: ho sempre adorato Layne Staley, il suo modo di cantare, la sua onestà... e avevo l'impressione che un nuovo album con un frontman diverso sarebbe servito solo a far intascare al gruppo qualche altro milione e/o a rilanciare la carriera di Jerry Cantrell dopo 2 album da solista di poco successo.
Spinto comunque dalla curiosità, ho seguito tutte le tappe che hanno portato all'uscita di "Black gives way to blue" cambiando poco alla volta parere. Passando dai 7 minuti di "A looking in view", a "Check my brain" e ai nuovi live, insieme alle ottime recensioni che iniziavano a girare in rete, capì che forse dietro all'apparente trovata commerciale si nascondeva un lavoro di grande qualità.
Pochi giorni dopo l'uscita dell'album, lo acquistai, e fin dalle prime note di "All secrets known" non puoi non pensare: "Questi sono sempre gli Alice in chains!". L'album è tirato, cupo, aggressivo e a tratti riflessivo, ma soprattutto molto ispirato. William DuVall non è Layne Staley, tutti (AIC compresi) lo sanno, ma nonostante tutta la pressione che ha avuto sulle spalle non sfigura, riuscendo comunque a dare un'impronta decisa e convincente (basti ascoltare "Last of my kind"). L'intesa vocale DuVall-Cantrell, seppur lontanissima dalla magica Staley-Cantrell, c'è: i due si alternano e si complementano in maniera molto buona, l'ispirazione c'è sempre stata. ed ecco quindi che siamo davanti ad 11 canzoni che superano ogni aspettativa, piazzandosi chilometri al di sopra del bassissimo livello musicale attuale.
Oltre alle già citate "A looking in view" e "Check my brain" (brano più semplice del disco, ma comunque bello e coinvolgente), degne di nota sono "Your decision", che dopo un inizio molto simile a "Angel eyes" si rivela più emozionante e più "capolavoro", "When the sun rose again", ballata molto particolare, e proprio per la sua diversità rispetto all'album, sorprendente, "Acid bubble" (la mia preferita) paragonabile a "Frogs" in versione più dura, che alterna fasi lente e tetre a momenti in stile metal, e "Private hell" (che richiama lontanamente "Down in a hole"). Discorso a parte per la title track "Black gives way to blue" (con Elton John al piano), canzone dedicata a Layne Staley e lasciata volutamente incompiuta proprio per dire come la vita di Layne si sia interrotta troppo presto, senza riuscire a mostrarci tutto ciò che aveva da darci. Da qui l'impressione che sia quasi un "capolavoro mancato" (vi immaginate un finale con l'aggiunta di archi e violini?) ma in questi casi il ricordo vale forse più della canzone stessa.
Capisco la diffidenza di alcuni fans nei confronti dei nuovi Alice in chains ma vi posso garantire che "Black gives way to blue" è un lavoro ben fatto e che sicuramente non vi deluderà. Le grandi "Would?", "Down in the hole", "Nutshell" sono insuperabili ormai, ma le nuovi canzoni convincono, facendomi giungere alla conclusione che "Black gives way to blue" non è una macchia d'inchiostro in un fantastico libro, ma il secondo capitolo (ben riuscito) di una storia che vuole andare avanti.
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