Giù nel buco, un'altra volta, l'ennesima.
Il passato a volte ritorna, e non sai che fartene: il punto è, puoi continuare a guardarti allo specchio oppure voltare le spalle e ricominciare a vivere. Jerry Cantrell, Sean Kinney e Mike Inez han deciso che forse valeva la pena voltar le spalle e ricominciare. Questa è la seconda vita del gruppo, un nuovo inizio.
Layne non c'è più, è arrivato William DuVall. Non è Layne Staley, e non vuole neppure esserlo. Non ha il tono luciferino e angosciato del mai abbastanza compianto Staley, probabilmente non possiede nemmeno il suo talento. Eppure...
Eppure sono ancora loro, gli Alice in Chains, con il loro mood, i loro suoni potenti ed incisivi, le atmosfere claustrofobiche e soffocanti, a volte rabbiose, che si alternano a momenti più intimistici e riflessivi, le splendide armonizzazioni vocali del duo Cantrell-DuVall che riescono a non far rimpiangere un pesantissimo e glorioso passato.
"Time to change has come and gone, watched your fears become your god".
Ascoltare il disco è come gettar uno sguardo verso quel passato mai dimenticato: "It's why you never tell me whatevers on your mind" cantano gli Alice in Chains nel morboso incedere di "A looking in view".
Plumbeo, lento ed oscuro, claustrofobico in certi momenti, malinconico ed evocativo in altri. La qualità dei pezzi è altissima, su tutte "Private Hell", "A looking in view", e la distortissima e trascinante "Check my brain". Tuttavia taluni episodi danno un senso come di incompiuto.
Non mancano momenti acustici a ricordarci della seconda anima del gruppo, quella che emerse in passato come linfa, da un barattolo di mosche. E come nuova linfa, alcuni brani danno i brividi: "Flowers on a cross remain, mark an ending scene" intonano DuVall e Cantrell in "Private Hell", uno dei momenti più suggestivi del disco.
Il disco si chiude con "Black gives way to blue", accorato (anche se forse un po' stucchevole) saluto all'amico scomparso, con il pianoforte di Elton John a colorare la melodia del brano. Il brano è breve e lascia un reale senso di vuoto, interrompendosi in modo quasi improvviso.
Nel 1992 Jerry Cantrell scriveva "Down in a Hole". Uno dei versi più conosciuti della canzone recita: "I'd like to fly, but my wings have been so denied".
A certi musicisti è impossibile negar di volare.
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