Istintivo.
Questo è il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso a Facelift, il disco d'esordio degli Alice In Chains, datato 1990. La chitarra di Jerry Cantrell e la voce di layne Staley, che qui a mio avviso si esprime ai massimi livelli, colpiscono e lasciano stordito l'ascoltatore come un montante sul naso.
Il disco si apre con il mitico riffone distorto di "We Die Young", che al contrario di quanto si possa pensare non è una visione profetica di Layne: è stata composta e scritta da Jerry Cantrell alla vista di un bambino spacciatore di droga. Altro pezzo da 90 è "Man In The Box" con quella chitarra a martello pneumatico e il ritornello cantato da un Layne in totale stato di grazia, una canzone dalla forza corrosiva e lacerante. "Sea Of Sorrow" è più elaborata e meno distruttiva, un pò più melodica, pur restando un inno dalla forza impressionante. Geniale l'intro lenta di "Bleed The Freak", che provoca un calo di tensione prima della sarcastica e rovente sfuriata di Jerry & Layne. Fase di stallo con la lenta e sofferta "I Can't Remember", ma il livello risale vertiginosamente con la cupa e disperata "Love, Hate, Love", sei intensissimi minuti che fanno davvero accapponare la pelle, con un Layne Staley davvero sovrumano. "It Aint't Like That" è un pezzo più classicamente grunge metal, a cui segue quella stupenda gemma semisconosciuta chiamata "Sunshine", che altera parti più metal ad altre addirittura funky/semi-rappate, per sfociare il uno stupendo ritornello molto melodico e quasi liberatorio. "Put You Down" è un pezzo veramente poco AIC: un bell'hard rock che nonostante la sua atipicità non sfigura affatto, anzi, risulta una piacevole sorpresa. "Confusion" è forse il pezzo meno immediato dall'album, alterna parti dolci ad altre più sofferte ma non colpisce come le precedenti. Davvero stupende invece le ulime. "I Know Somethin 'Bout You" spicca per il bel cantato a tratti quasi blues e il riff davvero ubriacante, mentre "Real Thing" è una magnificamente incazzata cantilena, con Layne assoluto protagonista, che sfocia in un ritornello ritmato, orecchiabile e coinvolgente.
Questo album rappresenta la parte meno malata e a tratti ironica degli Alice In Chains, un disco imprescindibile da possedere a tutti i costi.
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