Dopo 3 anni di assenza, torna con "Girl On Fire", Alicia Keys, la pianista di Harlem che nel 2001 diede nuova luce all'R&B, mescolandolo a echi di musica classica, derive old-school e beat hip hop. Le carte c'erano tutte per farne una diva della musica neo-soul, senza bisogno di scomodare nomi altisonanti come termini di paragone con leggende che hanno lavorato mezzo secolo prima di lei. Le aspettative erano altissime, per una giovane donna che probabilmente non intendeva diventare una leggenda come quelle cui spesso veniva associata, ma più modestamente un talento intenzionato semplicemente a fare della buona musica. E se la si guarda in questa prospettiva, Alicia Keys ci ha preso in pieno con la sua ultima fatica. Detto onestamente, l'uscita dell'omonimo singolo - un polpettone condito solo con quattro accordi suonati ad un Wurlitzer e una pesante batteria campionata - aveva intimorito gli affezionati, soprattutto dopo l'allucinazione che era stato l'ultimo album studio The Element Of Freedom. Ma ormai la tattica del primo singolo cattura-masse l'ha adottata la maggior parte degli artisti che deve garantire un'entrata sufficiente alle case discografiche.

Girl On Fire si apre con un intro al pianoforte “De Novo Adagio” – classico per la Keys – in La minore, che si spinge verso la seconda traccia dell'album e probabile secondo singolo “Brand New Me”, una ballata sull'auto-affermazione e sul cambiamento, tema centrale in effetti un po' abusato nella promozione del disco il quale merita più di quanto i singoli scelti facciano presumere.

Da qui si entra nella parte interessante dell'album. La terza e la quarta traccia, “When It's All Over” e “Listen To Your Heart” vedono le ottime partecipazioni di John Legend, Jamie Smith degli XX e Miguel (l'ultimo aprirà il tour) nonché della malefica interferenza elettronica del marito Swizz Beatz che sconfina nella sovraproduzione e nell'eccessivo campionamento di due pezzi dalle atmosfere neo-jazz e neo-soul che con un arrangiamento più strumentale sarebbero state delle chicche.

“New Day”, uno street-urban da club anch'esso prodotto da Mr. Beatz e la successiva “Girl On Fire” featuring la rapper nota per la sua sobrietà, Nicki Minaj sono probabilmente le tracce più deboli dell'intero disco, che prosegue con un'altra collaborazione, questa volta eccelsa, con Max'well, nella sensualissima slow jam “Fire We Make”, pronta e servita per la camera da letto, che scorre via come il miele con un susseguirsi di falsetti e sospiri e si chiude con l'assolo del chitarrista e cantante Gary Clark.

La signora ci porta in atmosfere motown con “Tears Always Win”, ballata dalle atmosfere gospel scritta in collaborazione con Bruno Mars, che nelle mani della nostra riesce a discostarsi dal mainstream a cui ci ha abituati. “Not Even The King” suona un po' come una ninna-nanna al pianoforte, è seguita dal McKnightiano “That's When I Knew” , voce e la chitarra di Gary Clark, perché è nella semplicità dei pezzi più strumentali e meno campionati che la Keys rende al meglio il proprio potenziale. Con il brano successivo facciamo un altro viaggetto questa volta accompagnati dalle sonorità jamaicane del raggae di “Limitedless”, seguita da “One Thing” una bellissima ballata con un testo molto interessante che potrebbe essere tranquillamente uscita dal celeberrimo “The Miseducation of Lauryn Hill”.

L'album si chiude con il brano forse più artistico di Alicia Keys. “101” ci guida per quasi 7 minuti nella storia di un amore non corrisposto e di una donna che si rifiuta di vedere il male che l'uomo con cui sta le provoca. Ma proprio quando sembra che tutto sia finito, da lontano in sottofondo si sentono ripartire degli arpeggi al piano che accompagnano il respiro affannoso di qualcuno che sembra stia scappando e che comincia a gridare Hallelujah mentre la base si sfoga fortissima e dura per un altro minuto per chiudersi infine lasciandoci alle nostre considerazioni.

"Girl On Fire" risolleva le sorti un po' ammaccate della neo-mamma Keys, e ci fa sperare in un tour con ritorno al passato, lontano da balletti improbabili e melodie scontate. E' un lavoro che si può tranquillamente collocare fra The Diary e As I Am, e che sono sicuro accontenterà tutti i fan che cercavano un ritorno rinnovato alle origini.

Carico i commenti...  con calma