"The Element Of Freedom" - Alicia Keys

A pochi giorni dalla pubblicazione ufficiale, una "talpa" interna allo staff di Ms Keys ha caricato l'intero album "The Element Of Freedom" sul Tubo, quarto studio album, quinto se includiamo l'Unplugged.

Diciamo pure che i primi due singoli "Doesn't Mean Anything" e "Try Sleeping With A Broken Heart" hanno toppato alla grande, un po’ perché il primo pezzo manca del tutto di originalità (la base sembra quella di "No One"), un po’ perché sono stati entrambi surclassati dalla contemporanea uscita di "Empire State Of Mind". Poi la b-side del primo singolo, la bellissima “Dreaming”, ci ha fatto nuovamente sperare che si trattasse solo di una manovra commerciale per conquistare la fascia di ascoltatori più giovani. Ma bene non si capisce quale sia il percorso di maturazione di quest’artista.

Quello che si nota maggiormente all'ascolto dell'album nella sua interezza è lo schema con cui è stato costruito, sull'impronta di "As I Am": un ammasso di brani che fondono due identità diverse, quella della old school e quella commerciale fatta di brani scontati, armonie ritrite e accordi sempliciotti. Con la differenza che in "Freedom" Alicia abbraccia un pò di più l'r&b stile "My Boo" e abbandona totalmente il soul, che di tanto in tanto si affacciava nel pur mediocre "As I Am".

Constatato che i tempi d'oro di "The Diary Of" sono andati e temo che difficilmente torneranno, le canzoni di questo album stridono come il gesso su una lavagna. Non c'è uniformità, non c'è una storia nell'album, solo molti tentativi che hanno dato risultati positivi solo in pochi pezzi.

"Un-thinkable"featuring Drake è l'unica perla dell'album, soprattutto per l'arrangiamento e la voce calda con cui Alicia dà sempre il suo meglio; ma questo è l'unico momento in cui la cantante si lascia andare ai sentimentalismi del passato.

"Love Is Blind", "Love Is My Disease" e "This Bed" sono gli altri tre pezzi che vale la pena ascoltare, abbastanza originali nel riformulare vecchi suoni anni 80 e un pò di raggae stile UB40. Da quì in poi, gradualmente si scende dalla sufficienza alla mediocrità, fino alla totale inutilità del brano "Distance and Time", una ballatona veramente inascoltabile, spudoratamente pop che vedrei in uno dei primi album di Britney Spears piuttosto che nel suo.

Si va da "Wait Till You See My Smile", marcia trionfale in stile sottofondo da commedia romantica americana a "How It Feels To Fly", che si salva giusto per il bel gospel finale, ma nell'interezza non convince, e a tratti il pianoforte ricorda "Like You'll Never See Me Again"; da "That's How Strong My Love Is" in stile McKnightiano con un bel pianoforte a "Like The Sea", che ha un'atmosfera abbastanza particolare ma si tuffa pure quì nell'r&b trito, come il duetto con Beyonce "Put It In A Love Song", pezzone da club ma che poco "c'azzecca" con la bella Alicia.

Chiusura con "Empire State Of Mind (Part II) Broken Down" dalle atmosfere un pò "broadwayiane" , un assolo di pianoforte che finsce con un'intromissione di batteria. Perplessità.

Conclusione: se "As I Am" poteva essere considerato un incidente di percorso, "Freedom" è la conferma che abbiamo perso un'artista di valore ancora una volta per il dio denaro. La cosa curiosa è che la critica continua ad acclamarla, ma alla fine non si può giacere sugli allori per sempre. Un gran peccato.

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