E' Natale e siamo tutti più buoni.

Ah non è Natale?

Allora vaffanculo ai buonismi di sorta e lunga vita agli All Pigs Must Die.

"God Is War" non è nient'altro che odio incontrastato, e incrostato, sulle pareti di una stanza sporca di sangue e merda. Claustrofobia sonora veicolata da un'unica immagine prima dell'iconoclastia finale, quella di un Cristo, sofferente oltre i limiti, impalato da una croce rovesciata (già il lupo che divorava le icone religiose del primo EP non era niente male) che corona il paesaggio post-apocalisse che disegnano i 4 terroristi sonori in questione. 

Lo spettro di un blackmetal mutante si insinua già dalle prime note di "Death Dealer", introdotta da una chitarra inquietante, e sparata dritto in mezzo alla fronte, col blastbeat funereo che ne scaturisce, fino a tramutarsi in un hardcore al sapore di vomito rugginoso, veloce e insensato, col ride thrash che sbuca nei bridge e ferisce le orecchie. L'esasperazione vocale di "Sacrosanct" è lo zenit dell'odio nero, il suono black algido torna a farsi sentire, ancora più imbastardito di prima, per poi sfociare in un assolo che potrebbe essere figlio a metà di Entombed e Turbonegro, un incesto fra mostri provenienti dal freddo. La title track è rumore di tendini che si spezzano, ossa che vanno in frantumi, introdotta da una batteria rituale, che all'interno del pezzo infilzerà le antimelodie di chitarra spezzando un ritmo già di per sè esasperatamente lento, la voce è la quintessenza del dolore e non ne vuole sapere di uscire dalla carcassa di una religione che puzza di morte da sempre, si nutre del suo schifo, ed è un crescendo che non si ferma mai, ad annunciare il manifesto dell'odio verso la promozione monoteistica della guerra e dei maiali che si nutrono di sangue. Nervosa, storta, roboantee marcia di follia è "Third World Genocide", dove i riff circolari non riescono a mantenere la propria composizione per più di una manciata di secondi, e la frase che introduce al massacro è "Endless refuse in a world of shit", fate vobis signori. La riflessione giunge col sadismo della mid-tempistica suonata di campane a morto di "Sadistic Vindicator" dove le chitarre sono un magma bollente senza nè capo nè coda, marcio fiume di fango che cola fin dentro le orecchie e dove la chitarra finisce per volare su tutto il resto e creare una melodia psicotica mica da ridere.

Il tutto confezionato dal sarto del disagio Kurt Ballou, mica cazzi no?

Mi viene da chiedermi cosa si aspetti a fare un disco nuovo degli Slayer con gente così caustica in giro.

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