A volte essere troppo avanti, vuol dire restare degli incompresi.
Ecco perché il geniale chitarrista dello Yorkshire, maestro riconosciuto di schiere di chitarristi, è rimasto prigioniero della sua identificazione con la “musica difficile” e, come tale, oggetto estraneo al sempre più decadente mondo dello show biz.

Personaggio affascinante: un omone di due metri, non proprio bellissimo, a volte costretto alla svendita dei suoi strumenti per difficoltà economiche, ma… Ma uno a cui gran parte dei più grandi chitarristi riconosce la capacità di fare con una mano ciò che loro fanno con due… . !

Allan Holdsworth, è certamente una delle menti chitarristiche viventi più evolute, un vero UFO, che gli è valsa, a volte, l’ingiusta accusa di eccessiva “freddezza” musicale, equivocando il distacco che le sue ardite concezioni armoniche creano con l’orecchio dell’ ascoltatore medio.
Tralasciando i dettagli tecnici, che possono tediare la maggior parte degli lettori, cioè i non chitarristi, rimane un dato di fatto fondamentale: Allan Holdsworth è tra i pochi in grado di fraseggiare tecnicamente.
Con questo intendo dire che, la maggioranza dei musicisti, anche blasonati e arcinoti, ogniqualvolta vuole sbalordire gli ascoltatori con passaggi complicati, perde il controllo del fraseggio, ossia il senso delle frasi suonate, in altre parole “non suona”.

È come se un abile parlatore fosse in grado di ripetere velocemente solamente parole senza senso. Allan Holdsworth, al contrario “fraseggia tecnicamente”, ossia espone frasi di senso compiuto, a velocità astronomiche, ed è tra i pochissimi, a suonare “logicamente e tecnicamente” allo stesso tempo, con il feeling adeguato al contesto nel quale il suo fraseggio va ad inserirsi; ciò lo rende un oggetto di culto persino tra i suoi colleghi più famosi come Vai, Van Halen ecc...

A distanza di molti anni questo “Metal fatigue” è ancora in grado di stupire soprattutto con l’attualità delle sue idee musicali rese, a mio parere, ancor più innovative dalla forma “canzone” presente in questo album. Premiamo il tasto play ed ascoltiamo il primo brano, appunto “Metal Fatigue”: il riff iniziale è reso originale dal timbro vagamente sguaiato della sei corde, al limite della stonatura, ma “musicale”, struttura da rock song con un linguaggio unico, complicato ma affascinante, intricato ma fluido, da lasciare bocca aperta.

“Home” … rumori d’ ambiente ci introducono nel tepore di un tipico pub inglese, poi sonorità dolci ma spaziali, chitarra elettrica dal suono molto pieno e pulito (potrebbe tranquillamente confondersi con una tastiera) che ripete il tema, mentre un’ acustica tratteggia un fraseggio anomalo, un controcanto... lieve malinconia. Allan ci regala un suggestivo spaccato strumentale. E’ “Devil take the hindmost”.
Senza abbandonarsi semplicemente ad onanismi solistici che, certo, la sua inarrivabile tecnica consentirebbe, regala melodie articolate intrecciando le mille pronunce timbriche della sua ipertecnologica chitarra. Un limpido arpeggio elettrico che appare dal nulla ed eccoci in “Panic station”, certo la concessione più generosa al pop, ma piena di idee e con un assolo in cui la brevità si sposa ad una deliziosa compiutezza, doppiato poi, anche da quello del basso del fido Gary Willis, la voce del bravo Paul Williams è del tutto a suo agio in un contesto tanto virtuosistico. Ma Holdsworth si vendica prontamente, trascinando l’ascoltatore nella dimensione drammatica di “The Un-merry Go-round” , mille atmosfere tra lo sperimentale il jazz, inframezzate da un assolo flash di Chad Wakerman, ex Zappa, vero virtuoso della batteria.
“In the mistery”, infine, chiude il disco con un’altra performance pop, sempre condita di armonizzazioni assolutamente inconsuete al genere, e di un altro splendido assolo.

Il disco scorre via senza alcun affanno, molto gradevole e dalla qualità costante, con costanti riferimenti ad una tipologia di musica perfettamente a metà tra il jazz ed il rock: dal jazz mutua il linguaggio colto e le complesse armonie, mentre del rock ha gli accenti ed il ritmo suadente.

Un cenno alla band, strepitosa come il leader: detto di Wakerman, Willis e Williams, un cenno per il celebre Alan Pasqua ai synths e per Gary Husband, futuro Chick Corea Band, che suona la batteria in "The Un-Merry Go-Round". Un artista coraggioso, un cd di qualità, un advanced level, dunque, per chi si è ormai stancato dei giri armonici stereotipati, delle timbriche ripetitive e necessita di nuovi ed affascinanti stimoli sonori, ma anche per chi ricerca una dimensione più colta e sofisticata del linguaggio rock, oramai sempre più boccheggiante nonostante i sempre più numerosi restyling e covering.

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