Seconda prova in studio, in poco piu' di due anni, per gli italo-danesi ALLHELLUJA.
Band formata da il gia' conosciuto come giornalista musicale Stefano Longhi alla batteria e autore di tutti i testi e di tutte le musiche, Massimo Gajer alle chitarre, Roberto Gelli al basso e dal cantante danese Jacob Bredahl, gia' cantante dei deathers danesi HATESPHERE, nonche' musicistsa nei belgi BARCODE. Gli Allheluja con questo "Pain is the game" fanno un grande salto verso la popolarita' a livello europeo e mondiale e le buone recensioni ricevute da piu' o meno tutti i magazines musicali esteri lo confermano.
Ascoltando il disco non si puo' fare a meno di confermare quanto scritto sulle note pubblicitarie e di presentazione della band che la presentano come un mix di BLACK SABBATH, ENTOMBED, MOTORHEAD e KYUSS. Da questo mix ne tirano fuori un suono che, anche se di veramente originale ha ben poco, ha un tiro micidiale e fresco, il tutto con la voce di BREDAHL che, lasciato da parte il growl che usa solitamente nella sua band madre (Hatesphere) e smussato gli angoli del disco d'esordio "INFERNO MUSEUM" (2005), si lascia andare e prova a "cantare" risultando decisamente convincente e diventando l'arma in piu' del gruppo.
Gia' dalla perversa copertina, opera dell'artista americano Chad Michael Ward, si puo' capire che agli Allheluja piace sorprendere e prendersi gioco delle angoscie, delle paure, della psiche umana con testi beffardi e sarcastici atti ad esorcizzare tutti cio' senza dimenticare il grande amore per i film horror.
Ci troviamo di fronte ad un disco che scorre in maniera piacevole "COME UN CATERPILLAR" tra scheggie impazzite come l'opener "ARE YOU READY? (READY FOR YOUR MASSACRE)" o il primo singolo "SUPERHERO MOTHERFUCKER SUPERMAN" in cui si prende atto che d'avanti agli orrori della "vita" non esistano supereroi. In "HEY J" compare l'unico uso di "growl vocals" da parte di Bredahl, in "SOUL MAN", canzone dal pesante giro blues, viene citato addirittura JOE COCKER, "I'M NOT THE ONE", "DEMONS TOWN", "HELL ON HEART", "THE KING OF PAIN" sono ottimi esempi del crossover malato della band, dove il marcio death'n'roll alla ENTOMBED si sposa con lo stoner e un certo southern-doom tanto caro a gruppi americani come DOWN e CORROSION OF CONFORMITY.
"BIG MONEY, SWEET MONEY" ricorda un po' troppo "WANNABE" degli EXTREMA da "Better mad than dead" (2001), mentre il finale e' affidato alla breve strumentale "AMEN".
Insomma un gruppo italiano che di italiano sembra avere ben poco e che sembra puntare notevolmente al mercato estero, aiutato anche dai ganci dell'impegnatissimo cantante danese. E proprio da qui che nasce l'unica pecca del gruppo che non ha potuto intraprendere un tour live vero e proprio che possa dimostrare o smentire le grandi capacita' espresse su disco.
Ultimo appunto che vorrei far notare e' la totale assenza di assoli di chitarra, che magari potrebbero aprire nuovi orizzonti ad una band che, da quanto ho capito, ci crede e a cui auguro una gran fortuna.
Uno dei miei dischi dell'anno in ambito metal.
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