Che gli Almamegretta siano una delle band migliori nel panorama musicale italiano, su questo non c’è alcun dubbio. Tutti aspettavano una reunion, dopo l’uscita dall’orticello di Raiz, che finalmente dopo 10 lunghi anni è arrivata.

Era infatti il 2003 quando Gennaro Della Volpe AKA Raiz, voce storica della band, abbandona per dedicarsi ad un progetto solista che poco ha fatto parlare di sé. Come lui stesso ammette in un’intervista su la Repubblica: ‘Volevo scappare dalla casa che era ed è questa band. E volevo cantare di più, col sound massiccio degli Almamegretta non era facile’. Ma ritrovatisi in studio Raiz, Gennaro T e Pablo (il nucleo originale) per ricantare la celeberrima Nun te scurdà per il film Passione, di John Turturro, si sono accorti che la scintilla c’era ancora. Ed è così che nasce Controra.

E’ il decimo disco studio per la band partenopea, che vanta una carriera ormai ventennale nel panorama musicale Dub, Reggae e Alternative rock europeo. Difatti non dimentichiamoci le prestigiose collaborazioni con gli Asian Dub Fondation e i Massive Attack.

Appena vieni a sapere della partecipazione al festival di Sanremo degli Almamegretta (che come tradizione vuole si classificano all’ultimo posto), se sei un fan duro e puro, un po’ ti prende male e ti viene da pensare che il nuovo disco non sarà un granchè, invece lo metti in play ed inizi ad ascoltarlo.

Partiamo dal titolo: la controra è quel momento dopo pranzo in cui è troppo caldo per lavorare, e schiacci una pennichella, o dedichi tempo a te stesso. Insomma ti riappropri della tua umanità. E’ un momento che oramai manca nelle frenetiche vite figlie della modernità. Controra è l’elogio della lentezza, ma non della pigrizia.

Il brano di apertura Mamma Non lo Sa ti fa subito capire che il sound è ancora quello vecchio stampo diIndubb e 4/4, col bassone onnipresente e l’effettistica tipica. Il pezzo, che tra l’altro era quello in gara al Festival, è un racconto di una civilizzazione spietata e della perdita dei valori fondamentali dell’uomo, che non lascia spazio, sarà un po’ l’utopia su cui si basa tutto il disco.

Ancora Vivo è il brano che ti aspetti, in napoletano, melodie arabeggianti che fanno da sfondo ad un ritmo caraibico ipnotico. Segue Amaromare: qui ti accorgi che il sound è davvero massiccio! E' un dubstep che continua sulla scia dell’orientale e che narra del tragico destino dei viaggi dei clandestini che troveranno l’inferno in un mondo razzista che non vuole accettare l’integrazione.

Custodiscimi rallenta i battiti cardiaci per aprirci la strada verso una vera perla di rara bellezza: una collaborazione con Enzo Gragnaniello che partorisce 'Na Bella Vita. Uno degli episodi più significativi del disco, che deve essere degno di nota non solo per la presenza della collaborazione, ma anche per il testo stupendo e profondo che chiede una bella vita per tutti, senza pensare alle disgrazie che affliggono la quotidianità e quindi la cancellazione totale del male. Un’utopia per l’essere umano in quanto costretto a possedere il lato oscuro all’interno di se, costretto a vagare in una valle di figli di puttana (come dice il testo del brano) portandolo alla riflessione finale che non esiste prezzo anche solo per un’ombra di felicità [Nun ce sta prezzo e ne’ ricchezza vicino ‘a n’ombra ‘e felicità].

La titletrack è un bel dubbone elettro che rimanda un po’ alle sonorità di Lingo; nella Cina è Vicinascopriamo l’anima più pop dell’anima migrante con un sorprendente Raiz che riesce ad essere davveromieloso su un tappeto sonoro reggae davvero ben curato, il ritornello di questo pezzo per me è stato il vero tormentone dell’estate 2013.

Disco Biscuits l’ho interpretato come una dedica per l’avvenuta reunion di Raiz con gli altri della band.

La successiva Onda che vai (secondo brano portato a Sanremo ed escluso dalla gara alla prima serata)colpisce particolarmente sia per gli arrangiamenti, che davvero mi riconducono al mare, all’oriente a una terra lontana, grande phatos, sia per il testo scritto da Federico Zampaglione (Tiromancino) . L’onda è quindi qui l’uomo che non deve mai cessare di sognare, che anche davanti a mille ostacoli deve riuscire a non abbattersi e a cercare nuovi orizzonti.

Tutte queste atmosfere ci portano quasi all’epilogo con The Follower, che vede la partecipazione diGaudì, un dub spettacolare degno dei fasti antichi dove viene raccontata un pò la storia autobiografica dei ragazzi del gruppo che sognavano Londra e la Jamaica, e che hanno trasformato all’epoca Napoli in Kingston “facendo il sound”, (cantando Mario Merola come Capleton!), e che adesso desiderano solo di essere seguiti nel ritmo, e se non ti piace “Cagna o canale sientete ata musica vattenne e nun ce ‘ntusseca’ compa’!” (cambia canale e senti un altro tipo di musica, vattene e non ci seccare compare).

Il brano di chiusura è Pane Vino e Casa con l’illustre presenza di James Senese al sax. Il pezzo che rimanda allo ska è arricchito con dei passaggi e dei fraseggi di Senese che lo rende prezioso.

Raiz qui recita delle parole tratte dal discorso che Adriano Olivetti (un industriale illuminato che pensava all'etica ma che visto con gli occhi di adesso è un sovversivo) fece inaugurando una fabbrica a Pozzuoli negli anni '50. Chiusura migliore non era possibile.

Bella prova quindi per gli Almamegretta che non fanno altro che riconfermarsi miglior dub-band italiana, con un disco che scorre tutto sommato fluido e che lascia all’ascoltatore il sapore del Mediterraneo con quello stile inconfondibile di scuola partenopea che tanto ha dato alla musica italiana, ormai svuotata e priva di senso e di gusto.

Un disco da avere.

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