Esiste a Napoli un fenomeno musicale chiamato "Neomelodico" e soltanto questa definizione credo sia illuminante. I precursori di tale fenomeno sono stati principalmente Mario Merola (inventore della tragedia napoletana) e Nino D'Angelo (il cui caschetto biondo e' ormai entrato nell'immaginario collettivo come elemento leggendario), le cui canzoni spopolavano verso la fine degli anni 70 e per quasi tutti gli anni 80 (eh si', la caduta del Muro ha investito anche loro).

La tradizione ha poi trovato nuova linfa ed un degno erede in Gigi D'Alessio, che per anni ha fatto la gavetta suonando ai matrimoni e ai battesimi di figli e nipoti dei grandi boss della camorra, per poi approdare al palcoscenico di Sanremo e da li' alle vette delle classifiche di vendita italiane. In concomitanza con la commercializzazione del fenomeno D'Alessio, sono venuti alla luce almeno un milione di altri cantanti da quattro soldi, che con un look che più trash non si può, un timbro vocale che fa del "gorgheggio" (chi è di Napoli sa a cosa mi riferisco) ed un accompagnamento musicale praticamente basato sulle ritmiche incluse nelle tastiere Bontempi per bambini ormai sono diventati la colonna sonora dei vicoli della città. Il punto forte di questa nuova generazione di "artisti" sta soprattutto nelle tematiche trattate nei testi, che non possono non provocare imbarazzo e, per quanto mi riguarda, un infinito disprezzo (al momento mi vengono in mente la storia di un latitante che lamenta la sua condizione di esule durante il sacro periodo del Natale, e la storia di un incestuoso rapporto tra due cugini ignari di esserlo, almeno tra i più rappresentativi, ma potrei fare almeno un miliardo di altri esempi, dato che mio fratello è un assiduo ascoltatore di questa roba). Ecco, la colpa più grande di questa gentaglia non è solo quella di dare una versione distorta della realtà partenopea, ma soprattutto quella di aver snaturato e banalizzato una delle componenti fondamentali della canzone napoletana, ovvero il saper cantare l'amore in maniera quasi del tutto naturale, rendendolo soltanto l'ispiratore di tradimenti e di ragazzine innamorate di uomini sposati (Dio che tristezza). E vi assicuro che questo è davvero un male, soprattutto per una città come Napoli la cui tradizione in fatto di canzone d'amore è conosciuta in tutto il mondo direi.

Perla cchiù d''e pperle
rosa cchiù d''e rrose
si' pe mme
rigneme ancora 'e vase
sta vocca tene sete 'e te
tu quanno scinne è comme si purtasse luce mmiezo 'a via
areto a te se chiude 'a porta d''a malinconia
(Fa' ammore Cu' mme)

(Perla più delle perle, rosa più delle rose sei per me, riempimi ancora di baci, questa bocca ha sete di te. Quando tu esci è come se portassi la luca per strada, dietro di te si chiude la porta della malinconia).

Perché quando ascolto queste parole non riesco a non emozionarmi? Perché non provo lo stesso ribrezzo che mi provoca un Natale Galletta o chi per lui? Perché la semplicità delle parole espresse unita alla sincerità del sentimento, in maniera così naturale non può non commuovermi, non può non farmi sentire che la potenza delle parole semplici è semplicemente esplosiva e pervasiva, che quella persona sta parlando di qualcosa che conosce perché ha vissuto, e allo stesso tempo è la voce e l'anima di chi vive nella e la città. E' la città, così come tutti la conoscono o vorrebbero conoscerla. So di poter credere a queste parole, so di poter credere a questo amore ostacolato dalle dicerie delle persone, perché è così che funziona a Napoli, laddove posso affermare che il tempo sembra davvero passare più lento che altrove da certi punti di vista. L'amore, per esempio.

E se "Mergellina 70" mi fa davvero vedere l'alba ed il magnifico paesaggio illuminato lentamente dal primo sole, mi fa sentire l'odore del mare e la città che lentamente si sveglia, allora posso davvero immaginare quante volte lo stesso Raiss abbia visto quello scenario, passando in fretta, in auto (ma preferisco immaginarlo in motorino). E quando poi il detto tipico di mia madre (dicette ‘o pappece vicino ‘a noce damme ‘o tiempo ca te sportoso) viene addirittura citato in una canzone, dando dignità letteraria ad un qualcosa su cui mi sono interrogato sin da piccolo (e posso assicurare che questa l'ho capita davvero molto tardi), allora non posso che sorridere beato e pensare che sì, Napoli è una città che ti porti dentro ovunque tu vada, a volte una benedizione ed una maledizione allo stesso tempo, un modo di essere e di pensare che non si può cambiare.

E allora chi se ne frega se poi gli Alma hanno lentamente abbandonato le sonorità dub per qualcosa di più danzereccio e alla moda. E passi pure che le tematiche sociali (presenti in maniera molto meno incazzata e più alla volemose bene in "Cana") hanno lasciato il posto al più facile cantare dell'ammore. Se continuano a farmi venire la lacrimuccia io li ascolto sempre con piacere. Credetemi.

E ora che abbia inizio il linciaggio.

Carico i commenti...  con calma