"Io credevo che noi fossimo uno, soltanto uno"
(Pitagora)
E' dura fare parte di una minoranza.
Il primo disco degli Altro ne è una dimostrazione, non dev'essere stato facile per questo trio di Pesaro fare uscire un disco simile nel 2001, in Italia. Se volessiomo ricorrere al classico bipolarismo, Underground-Mainstream, oppure Beatles-Rolling Stones, con gli Afterhours in luogo dei Rolling, dove andrebbero inseriti gli Altro al loro album di esordio?
In nessuna delle due categorie sicuramente, e se qualcuno la pensa diversamente è libero di correggermi.
Quando penso al panorama di allora, così per come me lo ricordo, non posso che pensare che non deve essere stato facile per gli Altro sopravvivre, con le loro sonorità post-punk i testi tanto criptici. E invece ce l'hanno fatta, forse perchè la loro intenzione non era sopravvivere nel mercato ma solo fare musica che piacesse a loro.
"Candore" risulta così un disco per fan della prima ora, o per addetti ai lavori, ed oggi rimane ancora tale e quale.
Volendo anche per completisti. Matteo Caldari, Gianni Pagnini e Alessandro Baronciani, rispettivamente batteria , basso e chitarra in questo album offrono un ventaglio più ampio di influenze rispetto ai loro lavori seguenti. Lontano dall'omogeneità di "Prodotto" e la cristallinità di "Aspetto", "Candore" è più prettamente punk, cantato e adolescente. Non mostra nulla di ciò che sarà, basta dare solo un occhiata alla durata dei brani, il più breve è un minuto e venticinque. Si tratta di un album che mostra le ferite, e riassume un breviario di sentimenti da adolesenti di provincia: non sei nè Beatles nè Rolling Stones, e nell'ostentata trasgressione di gruppi come Afterhours senti puzza di bruciato.
I Testi sono bozzetti descrittivi, la narrazione non fa parte del loro stile.
"Resta dove sei, Guarda quello che manca tra di noi".
La composizione mostra qualche punto debole come in "Fratta": "Io sto bene con Te, Io non sto bene con te".
Dove alle volte certe soluzioni liriche sono un pò semplicistiche. Nell'insieme "Candore" , che bel titolo, è un disco che mostra un gruppo ancora in metamorfosi, ma già orientato a certe sonorità in controtendenza.
"Documento Uno" sembra un flashforward danzante, la sento bene sotto quella scena del "Treno Per Darjeling" quando Anderson imitando Gondry di "Knives Out", fuori dai finestri fa scorrere tutti i personaggi del film. "Pitagora" è troppo roboante, non è nelle loro corde secondo me. "Costanza" è una canzone per adolescenti di provincia delusi, troppo atipica per farne un poster, e "Penso ancora dove ho sbagliato", ci riassume. "Troppo Presto" è uno dei brani migliori con un cantato melodico una volta tanto, e un bel testo "Mentre spero di non tovarti più, Vieni a prendermi, troppo facile".
"Capitale" anche è molto Bella, sognante riporta alla mente l'ariosità di "Lieve" Dei Marlene Kuntz. E' shoegaze senza suonare shoegaze, intima e leggera, chiusa in sè stessa. In fondo anche i Green Day suonano musica punk ma non sono punk, qui è lo stesso, gli Altro hanno dentro lo spirito shoegaze, senza fortunatamente suonare forzatamente shoegaze. Nulla a che vedere per fortuna con il mimetismo sonoro e olografico che sà di finto degli ultimi Horrors o degli A Place To Bury Strangers. Registrato e masterizzato nello studio (che ora non c'è più come riportano le note di copertina) di Marcello Piva a Cerasa sopra Fano, vicino a Pesaro, tra maggio e giugno 2001, "Candore" è un disco che potebbe piacervi. Non un capolavoro, ma potrebbe piacervi comunque.
E' dura fare parte di una minoranza.
Quando io e Sara camminavamo in via Roma, il mercoledì mattina giorno di mercato, tra le bancarelle, capitava anche che parlassimo di musica. Mi chiedeva di chi fosse quel disco che avevo comprato, o quale fosse il mio gruppo preferito.
Quando le rispondevo "degli Who" lei si voltava guardandomi come se le avessi detto che facevo parte di una setta solita ad idolatrare un Dio Marmotta, e mi domandava, "Chi i Pooh??".
Io allora, imbarazzato come chi vede leso il proprio diritto di idolatrare un Dio marmotta rispondevo: "No gli Who, sono un gruppo inglese".
Sintetizzando in quattro parole i fasti di uno dei gruppi migliori di sempre, roba che se certi fan intransigenti mi avessero sentito avrei rischiato la ghigliottina all'istante.
Ma il suo sopracciglio manteneva la sua sinuosa posizione interrogativa mentre mi guardava camminando.
Allora aggiungevo, con l'aria mesta di chi vede schernito ulteriormente il suo Dio marmotta, "...sai quelli della sigla di CSI".
Altra frase che non mi avrebbe mai fatto guadagnare le simpatie dei fan Who-iani duri e puri.
E un suo "Ah sì" concludeva la nostra chiaccherata musicale, mentre procedevamo verso scuola parlando d'altro.
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